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Ilva, Slai Cobas: “Gli operai dell’appalto con un pugno di mosche in mano”

Partiamo dalle notizie date dai vari mass media, dai rappresentanti istituzionali presenti a Roma. Quando il decreto Ilva-Taranto sarà convertito in legge, entro il 5 marzo, l’Ilva dovrebbe essere in grado, per i soldi che dovrebbero arrivare nelle sue casse, di pagare i fornitori. Le aziende dell’indotto, quindi, dovrebbero pazientare fino ad allora e sperare che gli emendamenti al decreto passino. Questi saranno completati e presentati martedì e giovedì il Senato voterà la conversione in legge del decreto che poi passerà alla Camera.

Stando alle dichiarazioni ufficiali del governo, del sindaco di Taranto, si dovrebbe stare tranquilli o addirittura entusiasti. Delrio: “l’Ilva avrà grande liquidità nelle prossime settimane”, il Sen. Tomaselli relatore del decreto Ilva: “ingenti risorse per il risanamento ambientale e la continuità produttiva e occupazionale”: Stefano poi sprizzava contentezza da tutti i pori. In realtà, sui fondi, non ci sono novità, né sull’entità, né sul loro concreto arrivo ed utilizzo. Di questi fondi fanno parte i famosi 1.200 miliardi dei soldi sequestrati ai Riva (da utilizzare per gli interventi dell’Aia e per pagare i crediti delle aziende impegnate in questi lavori); a questi vanno aggiunti i 156 milioni di Fintecna (per cui però proprio ieri è arrivato il parere negativo della Commissione Bilancio del Senato per assenza di relazione tecnica), i 400 milioni della Cassa Depositi e Prestiti per la gestione ordinaria e gli investimenti produttivi. Infine ci sono 260 milioni di finanziamento ponte (per riattivare il circuito di pagamento per i fornitori), con 200 milioni di Intesa Sanpaolo e 60 milioni di di Unicredit. Così si arriva ai già annunciati 2 miliardi.

Ma ciò che non può dare effettiva assicurazione, a parte il fatto che, come già dimostrato, si tratta di pochissimi soldi (solo per gli interventi Aia l’ex commissario Bondi parlò di 3 miliardi), e la strada perchè questi fondi siano effettivamente esigibili e ancora incerta. La formulazione ufficiale del governo è “Il governo ci sta lavorando”. Tutto in realtà è affidato all’approvazione degli emendamenti, cosa non scontata, se non con un solito atto d’imperio di Renzi, di porre la fiducia al decreto. Lo ha detto lo stesso Delrio: “in questo momento ormai la vera risposta sono gli emendamenti del Parlamento concordati col Governo, risposte che includono fatture, prededucibilità e liquidità immediata alle aziende”.

Questi fondi riguardano comunque il futuro. Per quanto riguarda i crediti pregressi che aziende e autotrasportatori reclamano e che ammontano a 160 milioni, questi, grazie alla Legge Marzano, all’amministrazione straordinaria, andranno nella massa passiva della procedura fallimentare della società Ilva prima dell’amministrazione straordinaria. Lo stesso governo spiega che si sta “lavorando a misure specifiche per garantire la prededucibilità dei crediti (cioè pagati prima di ogni altro credito privilegiato) per gran parte delle aziende”, “in particolare – ha detto il viceministro allo sviluppo economico Claudio De Vincenti – quelle che hanno effettuato lavori per il risanamento ambientale” (quindi, non per tutte?). “Con il passaggio dell’Ilva attraverso la legge Marzano in Amministrazione Straordinaria – ha detto Delrio – “siamo oggi in grado di assicurare il pagamento delle attività correnti e questo aiuta i fornitori ad avere fiato. Poi via via saranno soddisfatti nell’arco dell’amministrazione straordinaria i crediti pregressi”.

Come contentino si sta pensando, poi, per gli autotrasportatori ad un emendamento che sospenda il pagamento dell’Iva per 6 mesi, e il Presidente della Confindustria di Taranto ha comunicato che si sta lavorando “anche a una moratoria del pagamento delle fatture da negoziare con le banche”. E’ normale che le dichiarazioni di padroni e padroncini di ditte e dell’autotrasporto andati a Roma, a differenza delle dichiarazioni entusiaste del Sindaco Stefano, e quelle tranquillizzanti del presidente della Confindustria che ha invitato gli autotrasportatori a terminare la lotta e tutti a riprendere il lavoro, non siano affatto di soddisfazione e decideranno in assemblea come proseguire.

Ma chi realmente continua a stare con un pugno di mosche (parole) in mano sono gli operai dell’appalto. Perchè, ammesso e non concesso che vada in porto tutto questo percorso ancora ad ostacoli e che i tempi siano rispettati; dove sta la garanzia che i  padroni delle ditte paghino tutti i salari arretrati degli operai, che non vadano anche questi nella “massa passiva”? Dove sta la  garanzia che tante ditte piccole e medie, a fronte del fatto che i crediti pregressi non verranno subito pagati, mantengano i posti di lavoro e non continuino, invece, la strada già iniziata di cassintegrazione? Dove sta un “emendamento” che tuteli prima di tutto il pagamento di tutti i salari e il lavoro degli opera?

NOTA STAMPA – SLAI COBAS

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