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Ilva, Mucchetti (Pd) punta l’indice contro le scelte sbagliate del Governo

«La memoria corta non aiuta mai: non aiuta nemmeno la politica. Parliamoci chiaro: la dichiarazione di insolvenza e la richiesta di amministrazione straordinaria da parte del commissario dell’Ilva, Piero Gnudi, certificano il fallimento di due scelte fatte dal governo a fine primavera 2014: a) abbandonare il piano industriale e ambientale firmato da Enrico Bondi per il rilancio dell’azienda stand alone; b) puntare tutto sulla vendita degli stabilimenti di Taranto, Novi Ligure e Genova nella certezza di trovare subito un compratore al quale delegare il piano industriale. Al dunque, come era facile prevedere, il compratore non si è mai manifestato. L’Ilva può essere risanata, oggi con molta più fatica di ieri, ma in questa fase non può essere venduta». Lo scrive sul suo blog il senatore del Pd Massimo Mucchetti, presidente della commissione Industria del Senato.

«Nessun concorrente ha interesse ad affrontare la magistratura di Taranto e a eseguire le prescrizioni dell’AIA – continua – meglio lasciar morire gli altiforni pugliesi e ripulire così il settore dell’eccesso di capacità produttiva che in Europa l’assilla. Ci sarà tempo e modo di ricostruire la vera storia dell’Ilva, ma fin d’ora e’ chiaro che i miglioramenti gestionali del secondo semestre del 2014, genericamente riferiti anche alla Commissione Industria del Senato, tali non erano. Quando saremo effettivamente usciti dall’emergenza del decreto, sarà bene che il governo mostri al Parlamento i bilanci della gestione commissariale, semestre per semestre, dando modo di valutare l’andamento della produzione e delle vendite e lo stato patrimoniale, gravato da sempre nuovi debiti con le banche e con i fornitori. Sarà, temo, un rendiconto triste, e non tanto per colpa del management e dei lavoratori, che hanno fatto quel che potevano, quanto per i vincoli politici posti dalle scelte sbagliate del governo.

La dichiarazione dello stato di insolvenza e il passaggio all’amministrazione straordinaria, a questo punto, sono atti inevitabili, ma non garantiscono di per se’ il futuro del gruppo Ilva. Ed e’ dalle lezioni del passato prossimo che possono venire le idee nuove che servono sul piano tecnologico e industriale. Il piano Bondi ne aveva, ma il governo ha preferito dare retta ai concorrenti dell’Ilva ostili alla sostituzione del carbone con il gas nella produzione di acciaio primario, dimostrando così una subalternità culturale che stupisce dopo tante parole contro i poteri forti. Serve al più presto un nuovo soggetto gestionale, la cosiddetta newco, capace di impostare l’innovazione e restaurare la reputazione industriale dell’azienda senza impiccarsi ai vecchi testi dei consulenti (le varie McKinsey, Boston Consulting, Roland Berger non sono mai il verbo perché attaccano l’asino dove vuole il padrone).

Accendere nuovi debiti, come si farà dopo l’incontro di ieri a palazzo Chigi, aiuterà l’Ilva a sopravvivere. Potremmo domandarci come mai non si è fatto ricorso alla Bei, pronta a finanziare ove so fosse fatta chiarezza, e si va con la Cassa depositi e prestiti, che dell’Ilva non ne vorrebbe sapere. Potremmo domandarci pure come mai le banche aprono oggi, dopo l’insolvenza, quel portafoglio che ieri tenevano chiuso, quando la società era ancora in bonis. Ma al momento diciamo primus vivere. E tuttavia la costituzione di un nuovo soggetto giuridico responsabile della gestione dell’Ilva richiede tempi rapidi e certi. Non vorrei che la boccata d’ossigeno determinasse un allentamento della tensione in capo al governo e ulteriori perdite di tempo. Che potrebbero a un certo punto rivelarsi fatali».

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