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Legambiente Taranto: “Non abbiamo bisogno di un Tartarugaio bis”

L’ultimo decreto Ilva, in discussione al Senato, ha aperto la prospettiva di un possibile afflusso di risorse pubbliche finalizzate al recupero e alla valorizzazione della città vecchia di Taranto; un fatto di rilievo, specie in tempi come quelli attuali, in cui la spesa per investimenti pubblici è praticamente ferma e gli interventi per riqualificare le città languono.

Si tratta di interventi che, se effettivamente verranno stanziate risorse finanziarie adeguate (e questo è allo stato un grande interrogativo), possono contribuire a cominciare a cambiare davvero il volto di Taranto agendo su un aspetto, il recupero e la riqualificazione della Città Vecchia, centrale non solo da un punto di vista culturale e identitario, ma anche per i possibili risvolti in termini di contributo all’apertura di una prospettiva di sviluppo non più basato solo sull’industria siderurgica.  Un tema di grande importanza, su cui Legambiente è più volte intervenuta, non a caso al centro della discussione nell’ultimo Congresso dell’associazione svoltosi proprio in Città Vecchia, a novembre dello scorso anno. Ora è comunque necessario che la città passi ad una fase più concreta che sappia far discendere da una discussione ampia e partecipata l’individuazione il più possibile condivisa della prospettiva e delle priorità e, conseguentemente, degli interventi.

Ciò di cui non abbiamo in alcun modo bisogno è la presentazione di una sorta di lista della spesa, ottenuta mettendo insieme le progettualità accumulatesi negli anni, tenute insieme solo dalla pur sacrosanta esigenza della salvaguardia e valorizzazione.  Non sappiamo quali saranno le risorse che effettivamente saranno rese disponibili (e, ovviamente, un obiettivo da portare avanti senza distinguo è che siano consistenti) ma sicuramente esse saranno limitate rispetto a quelle necessarie per il raggiungimento di un obiettivo, il recupero e risanamento della Città vecchia, che non può non basarsi, per essere realmente perseguibile, anche sull’effettivo intervento dei privati.

Noi crediamo che, in primo luogo, sia necessario che il Comune di Taranto ribadisca in tutte le sedi la necessità che alla bonifica del Mar Piccolo vengano destinate dal Governo ulteriori risorse, aggiuntive rispetto a quelle sinora stanziate, e che il Commissario straordinario per la bonifica predisponga rapidamente il Programma di misure per la bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell’area di Taranto e dia il via ai primi interventi relativi al Mar Piccolo. Non è pensabile un recupero della città vecchia disgiunto da quello del suo mare e delle attività economiche che dal mare, Piccolo e Grande in primo luogo, traggono vita.  Nel Mar Piccolo devono poter tornare i giardini delle cozze, una componente economica e paesaggistica del centro storico di Taranto e devono potersi sviluppare altre attività basate sull’utilizzo sostenibile e moderno della risorsa mare e sulle peculiarità che il Mar Piccolo presenta.

Un secondo elemento è l’integrazione sociale: la città vecchia si recupera solo promuovendo una diversificazione del suo tessuto vitale, dei suoi residenti, portando famiglie e giovani di diversi ceti sociali a sceglierla come il posto in cui vivere e, magari, lavorare. Ogni ghetto è destinato a sgretolarsi e poi dissolversi: vale anche per la nostra città. Senza un’inversione di tendenza rispetto al progressivo spopolamento e inaridimento delle basi sociali non c’è alcuna possibilità di costruire il futuro, ma solo la concreta prospettiva una escalation di abbandoni e crolli che porta ad un deserto, civile e fisico.

Se c’è una cosa che ha funzionato, e funziona, è portare in città vecchia attività, come l’Università, capaci di fare da traino ad un risveglio di interesse “privato”, che si traduce nell’apertura di nuove attività commerciali, nella manutenzione degli edifici, nelle scelte abitative. L’individuazione di nuovi “contenitori” da recuperare non può non tenerne conto: si tratta di definire, da subito, chi saranno i loro “abitanti” privilegiando le scelte che più si presentino capaci di rivitalizzare i vicoli della vecchia Taranto, individuando le forme e i contributi con cui garantirne la permanenza nell’isola. All’Amministrazione Comunale a all’assessore Lorusso in particolare chiediamo ascolto. La ferita in Città Vecchia rappresentata dal Tartarugaio è aperta: se si fosse prestato orecchio alle proteste ed alle proposte di Legambiente, si sarebbe evitato o, perlomeno, ridotto il danno rappresentato da un edificio alieno al patrimonio culturale dell’Isola. Non abbiamo bisogno di un bis.

Legambiente Taranto

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