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Duecento milioni per dare fiato all’Ilva (Il Manifesto)

Due vertici per stringere i tempi e dare ossigeno finanziario ad un’azienda che si è deciso di salvare a tutti i costi. Le riunioni convocate ieri a Palazzo Chigi dal premier Renzi sull’Ilva, hanno visto intorno al tavolo i ministri Padoan e Guidi, il consigliere economico Andrea Guerra, i sottosegretari Delrio e Bellanova, i commissari straordinari dell’azienda Gnudi, Carruba e Laghi e i vertici della Cassa Depositi e Prestiti. I due incontri sono stati presieduti da Renzi: il primo esteso ai senatori delle commissioni impegnate sul decreto, l’altro riservato a Governo, Cdp e management dell’azienda.

All’ordine del giorno la conversione in legge del “decreto di Natale” sull’Ilva e la città di Taranto, varato dal Consiglio dei ministri il 24 dicembre. In questi giorni le commissioni riunite di Industria, Ambiente e Bilancio del Senato stanno studiando gli emendamenti presentati, con l’obiettivo di portare il testo in Aula non più tardi di mercoledì della prossima settimana. Durante la riunione, è emersa la notizia che è allo studio del Tesoro una norma ponte per immettere almeno 200 milioni di euro nelle casse dell’azienda, entrata in amministrazione controllata dal 21 gennaio, che ha forti problemi di liquidità e un debito pregresso certificato dal tribunale fallimentare di Milano di quasi 3 miliardi di euro.

Operazione non semplice, da studiare nei minimi dettagli, onde evitare l’intervento dell’Ue che la vedrebbe come un aiuto di Stato. L’operazione, tra l’altro, non può attendere i tempi previsti per la costituzione della new.co, 2-3 mesi, che prenderà in affitto gli impianti produttivi dell’Ilva. Per questo la presenza della Cassa Depositi e Prestiti al vertice di ieri, non è affatto casuale. Da un lato c’è da risolvere la questione dei 150 milioni di euro che la controllata Fintecna deve trasferire all’azienda, frutto di un contenzioso che si trascina dal 1995 tra lo Stato, vecchio proprietario e l’azienda gestita per 20 anni dai Riva. Probabilmente sarà approvato un emendamento che prevede l’esclusione del parere dell’Avvocatura di Stato e del ministero dell’Ambiente e la garanzia per Fintecna di evitare ulteriori procedimenti penali.

Allo stesso tempo si lavora alla creazione del fondo turnaround, prevista in un decreto approvato il 20 gennaio scorso. Si tratta di una società di servizio con il potere di intervenire direttamente nelle aziende in crisi ma con buone prospettive industriali che metterebbe insieme investitori privati e soggetti pubblici, che potrebbero intervenire a certe condizioni con la garanzia dello Stato. Inoltre, sempre ieri si è appreso della riapertura di linee di credito da parte di Banca Intesa per circa 160 milioni nei confronti di Ilva. L’operazione riapertura è stata decisa lunedì durante una riunione a Milano fra i tre commissari dell’Ilva e le banche Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banco Popolare.

Queste nuove risorse serviranno per pagare gli stipendi dei dipendenti diretti dell’Ilva e, in parte, le aziende dell’indotto e i fornitori. La difficile situazione di quest’ultimi e delle aziende che vantano crediti verso l’Ilva dovrebbe essere risolta nell’ambito del decreto con un emendamento ad hoc al quale il Governo sta lavorando. Tra imprese dell’indotto, dell’appalto e fornitori, Ilva vanterebbe crediti per centinaia di milioni di euro. Ieri ben 300 tir dell’autotrasporto hanno marciato a passo di lumaca sulle statali che dal siderurgico portano in città: una protesta pacifica al termine della quale è stato ancora una volta lanciato l’allarme su una situazione sempre più insostenibile. L’iniziativa di ieri è soltanto l’ultima di una lunga serie portate avanti nelle ultime due settimane dai lavoratori e ditte dell’indotto, insieme a sindacati e Confindustria.

Infine, durante l’udienza di mercoledì del processo sull’Ilva, il gup Gilli ha stabilito che le società Ilva, Riva FIRE e Riva Forni Elettrici non risarciranno i danni procurati dagli imputati al processo Ambiente Svenduto, riguardante il presunto disastro ambientale provocato dall’azienda. L’Ilva è stata esclusa perché dichiarata insolvente dal tribunale fallimentare di Milano nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria. Le due società dei Riva, invece, non faranno parte del processo come responsabili civili perché non presenti all’incidente probatorio quando le due società non erano incluse nell’elenco degli indagati. Tutte le richieste di risarcimento danni, finiscono nella massa passiva dei creditori che dovranno chiedere ristoro al tribunale fallimentare di Milano entro il 29 aprile, con speranze pressoché nulle di vedere pagato il risarcimento. Ci si potrà eventualmente rivalere nei confronti dei singoli imputati una volta condannati in via definitiva. Ma il risultato sarà pressoché identico.

Gianmario Leone (Il Manifesto)

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