Le fasi di ricerca hanno rivelato la presenza di giacimenti di gas, insufficienti per quantità e qualità ad avviare la fase di estrazione vera e propria, dunque la produzione. Si legge in un comunicato della Repsol che “i campioni ottenuti nelle fasi di ricerca confermano l’esistenza di gas, tuttavia senza i necessari requisiti di volume e di qualità che giustificherebbero una futura estrazione”. La Repsol, con la trivella Rowan Renaissance, avrebbe perforato un fondale posto a 882 metri di profondità; e da lì avrebbe esplorato formazioni geologiche per ulteriori 2211 metri.
Greenpeace chiede ora che il governo spagnolo e l’azienda si assumano l’onere di verificare gli impatti delle attività sin qui realizzate. Le fasi di ricerca di idrocarburi possono infatti causare danni per via dell’inquinamento acustico che viene prodotto con le tecniche di prospezione geosismica per la caratterizzazione dei fondali; e attraverso le attività di perforazione vera e propria dei fondali stessi. Greenpeace ricorda che nelle Isole Canarie vi sono 30 specie diverse di cetacei, 28 delle quali sono state ripetutamente avvistate nell’area dove ha operato Repsol. Inoltre l’associazione ambientalista chiede che venga stimato anche il danno prodotto dall’inquinamento chimico e dai fanghi estratti e scaricati a mare.
«Questo finale inglorioso quanto provvidenziale sottrae le Isole Canarie allo spettro delle trivelle», dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia.«Tuttavia ancora una volta si è inflitto un danno a fragili ecosistemi per nulla; e si è fatto carta straccia della volontà delle popolazioni locali, che nelle Isole Canarie erano largamente contrarie ai piani di Repsol».
Greenpeace aveva duramente contestato i piani della Repsol, anche con azioni dirette e non violente. Lo scorso novembre, durante una protesta pacifica presso la piattaforma della Repsol, appena giunta per iniziare le sue attività al largo di Lanzarote, un’attivista italiana era rimasta gravemente ferita in seguito al violento intervento dell’esercito spagnolo, che intendeva garantire piena agibilità operativa alla Repsol nell’area.
«Auspichiamo che questa ennesima battuta d’arresto per l’industria petrolifera sia di lezione al governo italiano, che procede esattamente nella stessa direzione e punta a sfruttare risorse fossili esigue e di pessima qualità, in spregio alla volontà delle comunità impattate, mentre si frena la crescita delle energie pulite», continua Boraschi. «Nei mari italiani, come abbiamo già fatto nelle acque spagnole, ci opporremo sempre a questi piani scellerati», conclude.
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