Le ditte che lavorano prodotti lattiero – caseari sono 357, cioè il 5,5 per cento del totale. I pastifici sono 326 e rappresentano il 5 per cento. Le aziende che producono oli, grassi vegetali e animali sono 92, mentre quelle che fanno tè, caffè, cacao, condimenti e spezie 61. Sono 70 le distillerie e le birrerie, 48 le imprese che trasformano le granaglie, 42 quelle che lavorano frutta, ortaggi e pesce. Appena 24 quelle che macellano carni. Ci sono, poi, altri 61 produttori alimentari. Cene e pranzi natalizi, dunque, saranno ancora all’insegna dei prodotti made in Puglia.
“I dati elaborati dal nostro Centro Studi – spiega Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – evidenziano come, anche in un periodo di crisi così profonda e trasversale, l’agroalimentare pugliese riesca non soltanto a conservare, ma anche ad incrementare i propri numeri. Tuttavia, ciò non significa che il settore sia immune da problematiche. Basti pensare – aggiunge – all’entrata in vigore del regolamento comunitario sull’etichettatura, che non pochi pensieri sta creando alle nostre piccole imprese artigiane, o alla restrizione delle esportazioni verso la Russia. Possiamo solo immaginare a quali risultati si sarebbe potuti giungere in un contesto economico differente e più favorevole. Proprio per valorizzare le nostre aziende e le loro produzioni – continua il presidente – come Federazione pugliese parteciperemo, dall’11 al 15 giugno prossimi, al “Fuori Expo” organizzato da Confartigianato Imprese in parallelo con la grande esposizione universale di Milano: un’occasione unica per mostrare al mondo intero le eccellenze del nostro artigianato regionale”.
La Puglia conta 233 prodotti agroalimentari tradizionali, pari al 4,8 del totale nazionale (4.813). L’export del settore alimentare made in Puglia «vale» 729 milioni. Più in dettaglio Bari 346 milioni, Foggia 217, Brindisi 55, Lecce 38, Barletta-Andria-Trani 37, Taranto 36. L’export del made in Italy è sostenuto, principalmente, da quattro categorie: vini con il 23,5 per cento (3.187 milioni), paste alimentari, anche farcite con il 10,8 per cento (1.469), formaggi e latticini con il 10,5 per cento (1.429) e pomodori conservati con il 7 per cento (951).
Circa l’export dei dolci da ricorrenza e non solo (torte, pane con uva passa, panettoni, panettone di Natale, cornetti e dolci di panetteria, pasticceria o biscotteria), il giro d’affari si attesta a 279,7 milioni, di cui 219,3 in Europa e 60,4 nel resto del mondo. Il primo Paese consumatore è la Francia (77,1 milioni), seguito da Germania (40,7), Regno Unito (31,4) e Russia (16).
L’Italia risulta il primo Paese in Europa per numero di prodotti agroalimentari di qualità. Se ne contano 261 tra quelli Dop (denominazione di origine protetta), Igp (indicazione geografica protetta) e Stg (specialità tradizionale garantita). Segue la Francia (208 prodotti), la Spagna (173) e il Portogallo (123). A dicembre, grazie alle festività natalizie, le vendite al dettaglio dei prodotti alimentari crescono del 20,9 per cento rispetto alla media mensile. A dicembre 2013, il consumo delle famiglie italiane di prodotti alimentari è stato pari a 15,2 miliardi di euro (2,6 miliardi in più della media mensile).
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