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DifendiAmo Taranto: la città che manifesta e quella che guarda (o impreca)

TARANTO – C’è una parte di Taranto che ritorna in marcia per ribadire il proprio “no” ai veleni industriali e per chiedere alternative economiche “pulite”. Si raduna davanti al Palamazzola, in via Cesare Battisti,  intorno alle 17 e dopo circa un’ora si muove per le vie della città fino a raggiungere il centro ed approdare in piazza della Vittoria al grido di “Taranto Libera”. E’ la Taranto che ha accolto l’appello del Movimento Studentesco e sposato lo slogan “DifendiAmo Taranto – Insieme per un futuro differente.

E’ difficile stabilire una cifra attendibile sulla partecipazione. Sicuramente si è lontani dal traguardo raggiunto nel dicembre di due anni fa,  ma il corteo è formato da qualche migliaio di persone. E di questi tempi, forse, non è così poco. Poi, c’è la Taranto che si limita ad osservare a debita distanza, come quella trincerata dietro la vetrata al primo piano di una palestra.

C’è la Taranto indolente che rimane lungo il ciglio del marciapiede, quasi con il timore di varcare un’immaginaria soglia tra “spettatore”  e “manifestante”. E c’è anche un’altra Taranto. Quella inchiodata nelle auto, in fila nelle vie limitrofe, che impreca contro il corteo perché ha bloccato il traffico. E’ gente che di ambiente, salute, Ilva, Eni,  Tempa Rossa, forse interessa poco. E l’unico slogan consentito è quello del clacson.

Il grande reporter polacco Ryszard Kapuscinski,  scomparso nel 2007, diceva: “Il senso del bene comune esiste senz’altro in ogni società ed è un dovere fondamentale, anche se non si tratta mai di un sentimento di massa. Esiste tuttavia un certo numero di persone dotate di una specie di grazia – per usare il linguaggio della religione – o del dono di fare qualcosa al di fuori della loro vita particolare”. Ed è tra quel tipo di persone che oggi compiamo il nostro lavoro di giornalisti. O meglio dire di testimoni.

Lo facciamo senza badare ai volti dei politici presenti, ma solo a quello dei cittadini comuni. Lo facciamo senza pensare alle etichette che contraddistinguono un comitato da un altro ma agli striscioni preparati dagli studenti. Sono soprattutto loro, i ragazzi, con il loro entusiasmo e la loro energia,  i protagonisti di questa manifestazione che osa smuovere le acque mentre si vive l’ennesima stagione stagnante. “L’alternativa siamo noi, riprendiamoci tutto”, “Lavoro pulito, turismo e cultura, diciamo no all’ennesima fregatura. Stop Tempa Rossa”, sono i messaggi lanciati. Ed ancora: “Chi inquina è un criminale, chi inquina deve pagare. Niente voti ai partiti amici degli inquinatori”. Non mancano invettive contro i Riva e il Governo Renzi, autore di quel decreto “Sblocca Italia” che qualcuno ha denominato “Sporca Italia”. 

Tra i cittadini in marcia ci sono anche alcuni ambientalisti della Lucania, del Salento e di Bagnoli (Napoli). Ognuno con un danno ambientale e sanitario da raccontare o da evitare, prima che sia troppo tardi. Il corteo arriva in via di Palma intorno alle 20. Quando percorre via D’Aquino c’è la sosta davanti alla gioielleria dell’ex sindaco Rossana Di Bello, difesa da un muro di rappresentanti delle forze dell’ordine. La sosta, qui, non equivale certo ad un “inchino”. Le ferite prodotte dal dissesto del Comune sono ancora aperte per chi sente il bisogno di urlare la propria rabbia. La manifestazione si chiude in piazza della Vittoria dove si esibiscono diversi artisti: da Remigio Furlanut a Frank Buffoluto & i Pali Delle Cozze. Solo per citarne alcuni. La piazza potrebbe essere più piena. La partecipazione avrebbe potuto essere più alta.  Ma tornando a Kapuscinski: non tutti sono dotati del “dono di fare qualcosa al di fuori della loro vita particolare”. A Taranto come altrove. 

Alessandra Congedo

 

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