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Tempa Rossa: il Governo elimina il potere delle Regioni

TARANTO – Con l’emendamento presentato al Senato alla legge di Stabilità, il governo vuole raggiungere uno degli obiettivi che si era prefisso già all’epoca dell’esecutivo tecnico guidato da Monti: rendere ancora più centrale il ruolo delle Stato in tema di decisioni sulle estrazioni petrolifere, estromettendo di fatto i poteri e i pareri delle Regioni e rendendo praticamente ininfluenti sotto ogni punto di vista quello dei Comuni. Che poi altro non è che continuare a preparare il terreno per la riforma del titolo V.

L’emendamento presentato alla legge di Stabilità al Senato, riscrive infatti completamente il comma 1 dell’art 38. “Il ministro dello Sviluppo economico, in concerto con il ministro dell’Ambiente, predispone un piano delle aree in cui sono consentite attività estrattive”. Leggendo il testo, si scorge “previa intesa con le Regioni che insistono nelle aree interessate”. Un semplice contentino però: perché previsto che qualora non venga raggiunta, ci sarà “la remissione degli atti alla presidenza del Consiglio”. Dunque, alla fine della feria a decidere sarà solo e soltanto il governo. Il tutto a partire dal mese di marzo, quando le autorizzazioni in materia estrattiva verranno sottratte alle Regioni e concesse solo allo Stato.

L’emendamento, riguarda infatti tutte le autorizzazioni relative alle opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento delle concessioni esistenti, comprese le opere localizzate al di fuori del perimetro delle concessioni di coltivazione: che saranno rilasciate dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

In pratica, pur lasciando intendere che siamo di fronte ad un piano nazionale, la realtà vedrà la predisposizione di singoli piani territoriali, che riguarderanno specifiche aree. Quindi dal punto di vista formale non c’è nessun piano nazionale, ma nella sostanza sì, visto che lo spacchettamento dei piani necessariamente dovrà rispondere ad un piano unico. E quindi di natura nazionale.

Secondo quanto previsto dall’emendamento in questione, la Regione interessata dovrà esprimersi entro 150 giorni dalla richiesta; in caso di mancato rispetto del termine previsto, il Ministero concederà alla Regione altri 30 giorni di tempo. In caso di ulteriore mancanza, il Ministero rimetterà gli atti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che entro sessanta giorni successivi, provvederà in merito con la partecipazione della Regione interessata.

All’apparenza dunque, pare eliminata la spada di Damocle delle Conferenze dei Servizi decisorie (come ad esempio nel caso del gasdotto TAP in Salento) da sempre poco gradite dalle Regioni, che da tempo chiedono che l’intesa venga raggiunta al di fuori del recinto dalla conferenza di servizi, dopo la conclusione del procedimento e prima del rilascio del titolo). Questo perché secondo quanto previsto dall’emendamento presentato in commissione al Senato, il procedimento che metterà capo al rilascio del titolo dovrà concludersi entro 180 giorni dal suo avvio, attraverso apposita conferenza di servizi.

Questo significa che l’intesa potrebbe essere richiesta e concessa prima che si concluda il procedimento. In questo modo, la Regione potrebbe trovarsi nella condizione di concedere l’intesa (entro 150 giorni previsti) senza che però sia terminato il procedimento e – come accade tuttora – senza che l’ente regionale sia messa nella condizione materiale di conoscere tutti gli atti. Quindi da un lato la prescrizione costituzionale sulla partecipazione della Regione è salva; nella sostanza però potrebbe accadere tutt’altro. Tra l’altro, continua a permanere il dubbio di legittimità costituzionale relativo alla mancata partecipazione degli enti locali alla redazione dei piani. Il guazzabuglio è completo.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 16.12.2014)


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