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Ilva, Lemma (Pd): “Il Governo tuteli l’indotto tarantino”

TARANTO Riportiamo la nota stampa del consigliere regionale Anna Rita Lemma (Pd).

“Alla vigilia del settimo decreto legge, nel pieno di una settimana che si annuncia densa di novità formali e sostanziali sul futuro dell’Ilva, giunge da Confindustria Taranto un nuovo e accorato appello sulla sorte delle aziende locali che gravitano attorno allo stabilimento siderurgico. In una lettera inviata dal presidente Cesareo a tutte le istituzioni locali, alle associazioni di categoria e ai sindacati, emerge chiara e forte la preoccupazione per gli gli sviluppi che la vicenda rischia di assumere alla luce delle soluzioni individuate e annunciate nelle ultime ore dal Governo.

Gli industriali tarantini, infatti, ritengono soffocante l’ipotesi di applicazione della legge Marzano, ovvero la possibilità che verrebbe offerta all’Ilva di dichiarare lo stato di insolvenza e accedere alla procedura straordinaria. Si tratta di uno strumento che metterebbe al riparo l’azienda commissariata da procedure concorsuali, prospettiva che naturalmente sconvolge le aziende dell’indotto nei cui bilanci spiccano evidenti i crediti maturati verso l’acciaieria per le prestazioni effettuate e non completamente, ad oggi, liquidate secondo contratto.

La legge Marzano prevede infatti il congelamento dei crediti, ricordano da Confindustria, e si affida al “concordato”. Una soluzione che graverebbe irrimediabilmente sui conti delle aziende dell’indotto Ilva. Da qui, il mio appello al Governo affinché il piano di salvataggio dell’Ilva, ovvero il cosiddetto “intervento pubblico a tempo” annunciato oggi dal ministro Guidi, tenga conto delle legittime aspettative che giungono dalla galassia dei fornitori – per lo più imprese tarantine – che certo non hanno bisogno di finire imbrigliati nelle maglie contabili di una “bad company”.

Per l’economia di Taranto sarebbe l’ennesimo danno dopo l’ennesima beffa. La legge Marzano, com’è noto, prevede la procedura (non giudiziaria) di amministrazione straordinaria delle grandi imprese che dichiarano insolvenza (requisiti necessari: almeno 500 lavoratori e 300 milioni di debiti). Fu introdotta nel 2004 a seguito del crac Parmalat”.

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