Tra chi accoglie positivamente le parole del premier c’è il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo: “Condividiamo l’impostazione del presidente del Consiglio sull’Ilva: erano mesi che la Uil aveva prospettato una soluzione pubblica di emergenza per lo stabilimento siderurgico tarantino”. Poi, aggiunge: “I nostri dubbi sul potenziale acquirente privato sono sempre stati molto forti perché le condizioni produttive e di mercato in cui esso opera sono tali da non garantire un futuro per l’Ilva. Si proceda, dunque, sulla strada da noi suggerita e, ora, annunciata dal Premier”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il segretario nazionale della Fiom Cgil Rosario Rappa: “L’intervento pubblico per l’Ilva non è solo necessario ma indispensabile. Se Renzi si è convinto e ha maturato questa riflessione non possiamo che essere d’accordo”. Per Rappa “vendere a cordate o gruppi esteri, in una situazione di forte difficoltà come quella attuale, significherebbe non vendere l’Ilva all’estero ma regalarla ad una cordata estera caricando sullo Stato il costo del risanamento ambientale e poi avere un piano industriale, come quello prospettato da Mittal, che ridimensiona l’azienda. Se si vuole vendere questa attività lo si deve fare in una condizione in cui si può determinare il prezzo”.
Di diverso avviso il segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli che afferma di non avere alcuna nostalgia per questo genere di intervento pubblico. “La nazionalizzazione – sottolinea – è una scorciatoia per deresponsabilizzare tutti. Servono soggetti che si prendano le loro responsabilità. Renzi deve fare come il presidente Usa Barack Obama e il Cancelliere tedesco Angela Merkel e sfidare gli imprenditori, il capitalismo italiano affinché torni ad investire, a scommettere». Secondo Bentivogli, Renzi ha “il dovere di responsabilizzare il capitalismo italiano. Per ora si è concentrato soprattutto sul mercato del lavoro e troppo poco su come far ripartire gli investimenti”.
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