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Il Piccolo Principe all’Auditorium Tarentum: l’amore si impara col tempo

“È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito. È una follia condannare tutte le amicizie perché una ti ha tradito, non credere in nessun amore solo perché uno di loro è stato infedele, buttare via tutte le possibilità di essere felici solo perché qualcosa non è andato per il verso giusto. Ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza. Per ogni fine c’è un nuovo inizio”.  (Il piccolo principe,  Antoine de Saint-Exupéry)

Recensione dello spettacolo andato in scena domenica 9 novembre all’Auditorium Tarentum per la rassegna “#PANETEATRO/” – Produzione: Teatrificio22.

TARANTO – Buio. Un esploratore spunta dalla platea e dà inizio alla storia, catturando con il suo linguaggio narrativo l’attenzione di adulti e bambini. La storia si snoda in un dialogo tra il Piccolo Principe e i personaggi che incontra nel suo viaggio emotivo. Al centro del palco irrompe, adornata di tulle rosso e un cappuccetto verde, una rosa; ha l’aria capricciosa e sembra intenta a farsi scudo con le sue spine, affinché nessuno possa entrare nel suo mondo. Il principino la saluta e parte.

In compagnia del suo palloncino giallo attraversa pianeti, conosce persone, cambia i suoi comportamenti. Lo caratterizzano la curiosità e la vitalità che lo contrappongono a un geografo assopito, ad un Re rassegnato e senza poteri ed ad una volpe impaurita ma desiderosa di essere “addomesticata”.

La scelta voluta di una semplice scenografia esalta la bravura del lavoro d’attore. In scena i veri protagonisti sono solo: gli attori e i loro piccoli oggetti. Il resto viene immaginato. Sono le mani del principe e dell’esploratore che con un matitone giallo ridisegnano tutto ciò che sognano di avere.

Un’alternanza di buio e luci colorate distingue i diversi pianeti che il protagonista visita  nel suo vorticoso vagare. La musica grottesca accompagna i dialoghi dei personaggi. Il linguaggio semplice fa ridere i bambini, mentre le madri trattengono a malapena le lacrime, consapevoli che l’amore s’impara col tempo, come qualunque altra cosa nella vita.

Fabiana Salentino

Foto: Teatrificio 22 e Auditorium Tarentum

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