Riceviamo e pubblichiamo la lettera che Aldo Pugliese, segretario generale della UIL di Puglia e di Bari-Bat, pone all’attenzione del presidente del Consiglio Matteo Renzi e del commissario straordinario dell’Ilva Piero Gnudi.
Per rilanciare lo stabilimento siderurgico più grande d’Europa, che quotidianamente garantisce un reddito a circa 17mila famiglie, occorrono investimenti ingenti. Il miliardo e 200 milioni sequestrato ai Riva dalla magistratura milanese e richiesto con forza dal commissario Gnudi, è sicuramente un ottimo punto di partenza, ma non basta per sgombrare il campo dai dubbi e per garantire tutti quegli interventi necessari a rimettere a regime l’attività produttiva dello stabilimento in un ambito, finalmente, di sostenibilità ambientale e di rispetto per la salute dei cittadini e dei lavoratori. Abbiamo ripetuto in più frangenti che, anche nel caso di vendita a una cordata di privati, occorrerebbe una solida garanzia a favore dello Stato e, quindi, dei cittadini, a cominciare da un rappresentante nel consiglio di amministrazione che vigili con attenzione sull’effettiva messa in campo degli interventi utili all’ambientalizzazione dello stabilimento e all’applicazione dell’Aia.
Ben vengano, dunque, investitori italiani o stranieri: un aumento del capitale sociale, in questa fase, è fondamentale per poter guardare al futuro con ritrovato ottimismo. Come UIL di Puglia, però, siamo stati sempre favorevoli a un processo di nazionalizzazione dell’Ilva o quantomeno di forte partecipazione statale. Lo Stato e il Governo, piuttosto che sfidarsi quotidianamente sulle riforme della Costituzione, dovrebbero, in certi casi, limitarsi ad applicarla. L’articolo 42, infatti, è fin troppo chiaro nel disporre l’esproprio del privato per interessi generali: ebbene, l’Ilva è sicuramente un caso di interesse nazionale, un’azienda trainante nel settore, in grado di offrire lavoro, tra diretti e indiretti, a 17mila lavoratori, perno dell’economia e dell’industria italiana. Restiamo fermamente convinti che la mano dello Stato debba agire direttamente, procedendo quindi alla nazionalizzazione dell’Ilva e garantendo le disponibilità finanziarie per coniugare al meglio salute, tutela dell’ambiente e lavoro, ridando così solidità all’impresa e rendendola nuovamente operativa al cento per cento e competitiva sul mercato.
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