Pubblichiamo la nota stampa del Consigliere regionale del SeL, Alfredo Cervellera.
In una serie di riunioni tra questi soggetti convenimmo dell’opportunità di inserire nel Polo Scientifico anche la grande industria locale, che doveva essere la più interessata a favorire nuove tecnologie, sia per adottarle nei processi produttivi al fine di azzerare le sue stesse emissioni inquinanti, sia per il disinquinamento complessivo del territorio. Ricordo bene della disponibilità dell’Eni (che non si è più sostanziata, forse preferiscono pensare a Tempa Rossa) e dell’avversione manifestata da subito della Dirigenza Ilva, interessata a finanziare il suo Centro Studi a Milano e non il costituendo Polo a Taranto.
L’impressione che ne ebbi subito fu che l’Ilva fosse terrorizzata da un Polo Scientifico, non condizionabile dai Riva, con l’Arpa al proprio interno, che potesse mettere in discussione i suoi processi produttivi, basati sullo sfruttamento intensivo delle infrastrutture, a prescindere dall’altissimo tasso di inquinamento e dalle morti/malattie che producevano per la città e provincia.
Il Polo fu corredato da uno Statuto, che non mi risulta ancora firmato, per definirne la governance con la presenza, che ancora oggi ritengo indispensabile, della Regione, del Comune e della Provincia di Taranto. Inoltre, si pensò a Laboratori autonomi dall’Università, prima sui terreni concessi dalla Fintecna prospicienti il Politecnico e poi nella struttura dell’ex Cisi, oggi sottoutilizzata.
Va dato merito al Prof. Angelo Tursi e alle strutture universitarie di aver perseguito, cogliendo l’occasione dei finanziamenti PON, quell’idea originale nonostante le macroscopiche assenze della Regione e degli Enti Locali, che ancora oggi preoccupano. Ma quell’impostazione originaria di Area Vasta Tarantina va recuperata se crediamo davvero in uno sviluppo alternativo del nostro territorio. Il Polo Scientifico Tecnologico, nell’area degradata di Taranto, se supportato adeguatamente dalle Istituzioni, compreso il Governo, come ci ha assicurato il Ministro Giannini, potrebbe costituire l’esempio più mirabile di come si possa dal basso trasformare il nostro territorio facendolo risorgere dalle macerie attuali”.
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