Il commissario ha ricordato che il 75% delle prescrizioni del piano ambientale è stato eseguito ma che il problema “è anche di continuità aziendale. L’Ilva rappresenta l’acciaio in Italia, ha 15.500 dipendenti diretti e diecimila nell’indotto. Una chiusura significherebbe perdere un pezzo dell’industria italiana” quella dell’acciaio “legato a quello della meccanica. E sarebbe un grave handicap per il sistema industriale italiano”. Quindi, ha proseguito Gnudi, occorre “una soluzione per il proseguimento dell’attività da cui dipende anche il risanamento ambientale”. “Occorre un nuovo azionista” ha ribadito Gnudi confermando di aver “cominciato ad esplorare l’interesse in giro per il mondo, che è stato notevole”. In particolare, ci sono tre gruppi che “sono in fase di due diligence”, e cioè Arcelor Mittal, Jindal e Gruppo Arvedi.
Oggi è stato ascoltato dalla commissione anche il sub commissario Corrado Carrubba che ha dichiarato: “la situazione non è per niente facile. Sono stato colpito dalla dimensione gigantesca” dello stabilimento che è “una città industriale. L’Aia dell’Ilva è l’Aia di una città”. Ha sottolineato i “problemi giganteschi” per le dimensioni dell’attività produttiva e per la gestione dei rifiuti. “A Taranto tutto è complicato”, ha aggiunto riferendosi in particolare all’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). “Cosa va fatto per l’Aia lo sappiamo. E’ un intervento da 1,8 miliardi”, ha ricordato il sub commissario definendola “un’operazione impossibile” perchè mancano le risorse e “quindi bisogna accedere a risorse straordinarie” individuate in quelle sequestrate dalla magistratura di Milano alla famiglia Riva.
(ANSA)
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