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Taranto, città  mordi e fuggi – Confcommercio su vendita del cibo in strada

Friggitorie, paninoteche, rosticcerie, minibar: a Taranto le possibilità di scelta per una consumazione al volo sono vaste. Qualcuno ha pensato bene di definirla  la città del mordi e fuggi, basta infatti una sosta veloce – se con l’auto, perché no in seconda fila? – ad un dei tanti punti di somministrazione di alimenti e bevande che stazionano in forma stabile nei punti più belli e strategici della città (Lungomare, via d’Aquino, p.zza Garibaldi), per consumare al volo un panino con la salsiccia, un cartoccio di calamari fritti, una birra. “La vendita  e consumazione del cibo da strada a Taranto è ormai una alternativa al tradizionale pubblico esercizio (il bar, pub,  paninoteche, pizzerie, etc.), esercitata però nei modi non previsti dalle normative in materia”, come evidenziano in un nota congiunta, all’indirizzo della Amministrazione, il presidente provinciale di Confcommercio, Giangrande, ed i responsabili di categoria, Fipe Ristoratori, Laterza, e Bar, De Marco.

Dalla legge sul commercio ambulante (Legge 18 del 2001 e successivo Regolamento comunale Titolo IV art. 33 comma 2) che prevede che il commerciante non possa fare soste, nel medesimo punto, superiori ad un’ora e che non vi possa tornare nell’arco della stessa giornata, al passaggio del già citato Regolamento che vieta espressamente di svolgere attività commerciale ambulante in via d’Aquino, al Lungomare e nelle zone limitrofe del Borgo; e ancora  l’art. 199 comma 9 dello stesso Regolamento che prevede precise norme in fatto di igiene e sanità, che vengono regolarmente violate.

La irregolarità del modus operandi di queste attività è tale che basterebbe davvero poco per contestare: 1) la presenza di tavoli e sedie nei pressi del punto vendita (non si tratta infatti di somministrazione assistita); 2) l’assenza di servizi igienici; 3) il mancato pagamento della tassa di occupazione del suolo pubblico (Tosap); 4) la non osservanza del  divieto di somministrazione di alcolici ai minori; 5) l’obbligo di conservazione, ripristino e pulizia dei luoghi pubblici; 6) i limiti di emissioni acustiche, e tanto altro ancora.

Per non parlare poi del decoro e del rispetto degli spazi urbani – prosegue la nota -, declassati dalla presenza di attività inadatte ai luoghi. Una occupazione insomma non autorizzata di aree urbane  di pregio che dovrebbero essere ben diversamente valorizzate. Tutto questo accade mentre nei confronti – come si evidenzia nella lettera – delle tante aziende regolari che operano nel settore si aumentano le tasse e i contributi locali e non da ultimo la Tosap, la nuova Tari, ed il regolamento dei dehors. Un dubbio infine: non è ben chiaro se queste siano attività autorizzate come sosterrebbe qualcuno, o si tratti di attività del tutto irregolari”.

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