“Negli anni sessanta, i Motel Agip, simbolo del boom economico e in particolare turistico in atto in quel periodo, hanno rappresentato il felice incontro di due parole chiave: industria e turismo. Gli italiani si fermavano a fare benzina pregustando il momento in cui avrebbero raggiunto l’agognata meta delle vacanze. Era l’immagine di un Paese in movimento, che scommetteva sull’energia e investiva nelle grandi infrastrutture, non rinunciando a crescere – spiega la Lamanna -. Oggi industria e turismo sembrano esser diventati acerrimi nemici e, quando vengono accostate da qualche coraggioso sostenitore della loro possibile convivenza, scatenano le ire del popolo ambientalista che a questo punto segnala la presenza di ‘criminali’ che intendono distruggere l’ambiente e la salute umana”.
“Senza dubbio – prosegue la presidente di ATT – nei cinquanta anni trascorsi le cose sono cambiate e i politici nell’operare scelte che necessariamente ricadono sui cittadini, devono ragionare e agire tenendo ben presente l’esigenza di agevolare uno sviluppo sostenibile, ma da qui a rifiutare totalmente pezzi importanti del sistema industriale ne passa…”.
Irene Lamanna menziona inoltre luoghi in cui si è convivono pacificamente le due realtà: “In Emilia Romagna si estrae il petrolio dal Mar Adriatico, senza rinunciare per questo al turismo nazionale ed internazionale. Ravenna ha ospitato Offshore Mediterraneam Conference e l’impulso dato al settore dagli anni ‘60 ad oggi è straordinario, permettendo inoltre di rivitalizzare il vecchio porto e trasformarlo in uno dei primi per traffico merci. In Australia lo stato di Perth continua a crescere economicamente con nuove imprese, lì lo sviluppo è determinato per lo più dall’industria estrattiva che nei decenni scorsi ha attratto uomini e capitali da tutto il mondo”.
“A Taranto invece ‘navighiamo a vista’ – è la sua tesi -, non ci si interroga sulla futura politica economica e ci si condanna quasi naturalmente ad una politica punitiva. E’ necessario guardare al quadro macroeconomico per comprendere, tra le altre cose, quanto è grande il bisogno di politiche governative di sostegno; dall’altra parte se gli industriali non rinunciassero ad investire sul nostro territorio, il governo della nostra città potrebbe negoziare con più forza un aumento delle royalty, guadagnando miliardi di euro persi per colpa di un lungo immobilismo”.
“Negarsi questa opportunità – conclude – vuol dire rinunciare non solo a una entrata sicura per la nostra città ma soprattutto tenere alto, in maniera caparbia e sterile, uno steccato ideologico privo di sostanza, quello che considera industria e turismo come due realtà che non possono convivere”.
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