Mi presento: sono Massimo Di Giuseppe, imprenditore di 2° generazione, romano di nascita ma adottato da Taranto, 12 anni di vita associativa in Confindustria Taranto, dirigente della stessa nei vari anni. Nel dicembre 2012 rassegno le mie dimissioni da tutti gli incarichi e vado via. All’indomani della manifestazione organizzata da Confindustria, riflettevo sulla mia scelta: senza dubbio una delle migliori fatte nel mio percorso professionale e umano.
La dirigenza confindustriale jonica ha centrato l’obiettivo dell’iniziativa: ha eretto ancora di più il muro tra essa e la cittadinanza. Ancora una volta la supponenza e l’arroganza hanno vinto sul dialogo e l’ascolto. L’isolamento associativo è stato completamente realizzato. Mi domando: ma la base associativa è convinta che questa sia la migliore strada da percorrere? Oppure, più semplicemente, non è stata nemmeno coinvolta in questa iniziativa? Dettata esclusivamente da una dirigenza poco attenta alle istanze vere dei propri associati, ma tesa solo a garantire, ai pochi e soliti noti, rendite di posizione, futuri appalti, visibilità effimera e quant’altro che non rappresenta assolutamente la “mission” associativa.
Imprenditori dell’indotto Ilva, Eni, che denunciano “la città dei No”, ma quanti di loro hanno “campato” in questi 40 e oltre anni esprimendo solo tanti “Sì” riempiendosi le tasche, investendo gli utili aziendali in proprietà immobiliari, mobiliari ecc… trascurando completamente investimenti nella propria organizzazione produttiva, nell’innovazione, nella ricerca di nuovi prodotti e/o servizi, nel personale altamente qualificato, nell’esplorare nuovi mercati, in due parole nel fare IMPRESA.
Oggi questi signori ci dicono che Taranto rischia la deindustrializzazione, ma se sono loro i primi che non hanno svolto il proprio mestiere, se devono lagnarsi se la prendano con loro stessi, e soprattutto inizino a intraprendere, ad esplorare nuove strade e opportunità, naturalmente se lo sanno fare… Tanti miei colleghi, imprenditori piccoli e medi, che ogni giorno si confrontano con il mercato, duro, spietato, competitivo, non sanno che farsene di una organizzazione datoriale che guarda ad un modello di sviluppo superato, e soprattutto non riesce a stare al passo ai continui cambiamenti in atto. Noi siamo “differenti”: è il nostro patrimonio e la nostra forza, quella che ci fa andare avanti in questi momenti di difficoltà, con passione e determinazione affrontiamo quotidianamente le tante problematiche aziendali, sicuri di potercela fare insieme a tutti i nostri collaboratori.
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