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Eni, sciopero riuscito: adesione del 90%

Anche a Taranto i lavoratori della raffineria Eni ieri hanno scioperato e tenuto dei presidi davanti allo stabilimento aderendo alla protesta nazionale in difesa della raffineria di Gela. I lavoratori tarantini chiedono che sia fatta chiarezza sulla salvaguardia produttiva e occupazionale dello stabilimento pugliese dopo le dichiarazioni del management del sito industriale che ha paventato profondi ridimensionamenti. Tra dipendenti diretti e dell’indotto sono 1.400 i lavoratori interessati. Nel corso del sit-in davanti all’ingresso principale della raffineria, dove è intervenuto anche il consigliere regionale Pietro Lospinuso (Forza Italia), non sono mancati i momenti di tensione. Secondo lavoratori e organizzazioni sindacali, c’é disinformazione sulle reali conseguenze del progetto ‘Tempa Rossa’, osteggiato dagli ambientalisti, sul quale ha espresso parere sfavorevole il Consiglio comunale di Taranto.

L’adesione allo sciopero del gruppo Eni è del 90% nei siti produttivi. A riferirlo i sindacati che hanno organizzato un presidio davanti a Montecitorio a cui partecipano i leader di Cgil, Cisl e Uil Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti insieme alle categorie dei chimici. In una nota si evidenzia “l’altissima adesione (oltre il 90%) delle lavoratrici e dei lavoratori allo sciopero dopo l’annuncio shock del cane a sei zampe di mettere in discussione l’impianto strategico dell’industria chimica e della raffinazione del nostro Paese. A Roma – osserva la Filctem Cgil – la manifestazione/presidio nazionale davanti Montecitorio che ha visto una numerosissima partecipazione di lavoratori delle raffinerie e dei petrolchimici provenienti da tutta Italia (Gela, Porto Marghera, Taranto, Brindisi, Mantova, Ferrara, Ravenna, ecc.) nel corso della quale hanno preso la parola i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil, Camusso, Bonanni, Angeletti e di Filctem, Femca, Uiltec, Miceli, Gigli, Pirani”. “E’ evidente lo schiaffo dell’Eni al paese – ha detto Emilio Miceli, segretario generale Filctem – quando presenta un piano non solo di dismissioni ma di dimissioni dall’Italia. Al governo chiediamo con forza – ha proseguito il segretario – di esercitare fino in fondo il proprio ruolo di principale azionista perché è suo dovere: così si fa in Francia, in Germania, negli Usa. E lo faccia negli interessi degli italiani (“visto che sono in possesso – ha aggiunto il leader sindacale – di quel 30% di quote Eni”), a partire già dall’incontro previsto per domani al ministero dello Sviluppo Economico. L’industria e il lavoro – ha concluso Miceli – vanno presidiati: ci batteremo fino in fondo con tutte le nostre forze”.

Durante la manifestazione svolta in piazza Montecitorio, nel giorno dello sciopero generale proclamato per l’intera giornata per tutte le aziende del gruppo Eni presenti nel Paese, una delegazione del Partito democratico guidata dal presidente della commissione Attività produttive, Guglielmo Epifani, ha incontrato i tre segretari confederali dei lavoratori del settore chimico, Miceli (CGIL), Pirani (UIL) ed Egidi (CISL), ai quali sono state espresse “solidarietà e preoccupazioni per il futuro dei piani industriali e per il mantenimento dei livelli occupazionali”. La delegazione democratica, alla quale hanno preso parte il presidente del Gruppo, Roberto Speranza, il vice presidente, Andrea Martella e il capogruppo in Commissione Attività produttive, Gianluca Benamati, ha sottolineato che “saranno messi a disposizione i propri strumenti parlamentari per sollecitare soluzioni alla crisi del settore della raffinazione e perché siano confermati gli accordi tra le parti che già prevedevano la riconversione industriale delle attività. I Democratici hanno espresso inoltre la ferma convinzione che l’autonomia energetica europea non può fare a meno di un presidio italiano della raffinazione”.

(dal TarantoOggi del 31 luglio 2014)

 

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