Senza fare troppi giri di parole, nelle scorse settimane abbiamo più volte scritto come fosse chiaro che il prestito fosse l’ultima spiaggia per evitare il fallimento dell’Ilva (come ha confermato in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera lo stesso Gnudi appena 48 ore fa): gli stipendi di giugno sono stati regolarmente retribuiti, anche se monchi del premio di produzione che per gli operai è una sorta di quattordicesima. Che sarà corrisposta nel mese di agosto insieme agli stipendi di luglio. Senza il prestito delle banche, tutto questo sarebbe stato impossibile vista la totale assenza di liquidità nelle casse della società.
Secondo l’azienda, quella del taglio di quattordicesima e premi di produzione (circa 1000 euro in meno in busta paga) è stata “una misura necessaria” per consentire l’acquisto di ricambi per lo stabilimento di Taranto: si tratta di quasi 20 milioni di euro per ora non versati a oltre 15mila lavoratori. Inoltre, le risorse che arriveranno dagli istituti di credito, non meno di 3-400 milioni di euro (ma c’è chi parla anche di una cifra maggiore, vicina ai 700 milioni di euro), serviranno all’Ilva per tornare lentamente a pagare le ditte dell’indotto e dell’appalto del siderurgico tarantino, che vantano crediti per oltre 46 milioni di euro. Così come saranno pagati i fornitori, che negli ultimi mesi avevano ridotto notevolmente i rifornimenti di ferroleghe, fattore che ha comportato l’ulteriore rallentamento dell’attività produttiva. In pratica ciò consentirà all’azienda di restare in vita sino a dicembre.
Nel frattempo il commissario Gnudi tenterà di far entrare nell’azionariato della società Ilva quanti più investitori possibili interessati a rilevare la maggioranza delle quote (la società è infatti controllata per il 61,62% dalla Riva FIRE, per il 25,38% dalla Siderlux (posseduta a sua volta dalla stessa Riva FIRE), per il 10,05% dalla Valbruna Nederland, società olandese della famiglia Amenduni, e per il 2,95% dalla Allbest, un’altra società lussemburghese): sia per provare a mettere in minoranza il gruppo Riva, sia per varare l’aumento di capitale previsto dalla legge dello scorso febbraio, che resta l’unica strada realmente percorribile per dare un futuro al siderurgico. Che, come sempre sosteniamo, semplicemente non esiste. E non ci sarà.
Infine, pare che il nuovo decreto sull’Ilva si avvii a diventare un maxi-emendamento al decreto Competitività in esame alle commissioni Industria e Ambiente del Senato. Sarebbe questo – secondo quanto si apprende da fonti romane – l’orientamento del governo per il provvedimento approvato nell’ultimo consiglio dei ministri che dispone un prestito ponte per il grande siderurgico tarantino. Sul testo del maxi-emendamento sarebbero però ancora al lavoro i tecnici del ministero. Il dl sull’Ilva, composto da un articolo, non è ancora stato pubblicato in Gazzetta ufficiale. Staremo a vedere.
G. Leone (TarantoOggi, 15.07.2014)
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