Del resto, se non fosse stato per il prestito che Banca Intesa concederà alla società (come anticipato ieri su queste colonne), che si aggira intorno ai 60-70 milioni di euro, gli operai non avrebbero visto nemmeno quest’ultimo stipendio. Che tra l’altro sarà elargito “a metà”, in quanto per il premio di produzione (che in pratica è un altro stipendio che supera i 1000 euro lordi e per questo il mese di luglio da sempre viene visto come una sorta di quattordicesima) si dovrà attendere agosto. Forse.
Di più, il commissario Ilva Piero Gnudi, non è stato in grado di dire ieri nella riunione al MiSE a Roma ai sindacati metalmeccanici. Restano dunque in sospeso i pagamenti alle aziende dell’indotto e dell’appalto, che vantano crediti per oltre 46 milioni di euro. Così come quelli ai fornitori, che ha già comportato un netto calo nelle forniture di ferroleghe, elemento fondamentale nella produzione del siderurgico. Il calo di forniture ha creato una situazione che condiziona negativamente il ritmo di marcia dello stabilimento (vedi la fermata del Treno Nastri 1 per una settimana), che per effetto domino rischia di far calare ancor di più i ritmi produttivi, acuendo ulteriormente la crisi finanziaria dell’azienda.
Pare che il governo stia lavorando ad un nuovo decreto, ma il fatto che all’incontro di ieri a Roma non fosse presente nessun esponente dell’esecutivo, è un segnale non dei migliori. Oramai siamo arrivati alla resa dei conti: il più grande siderurgico d’Europa è ad un passo dal baratro. Le risorse finanziarie segnano un rosso costante da tempo. La fabbrica è ogni giorno più obsoleta e pericolosa in primis per i lavoratori. Riusciranno i nostri “eroi” ad allungargli la vita? Chi vivrà vedrà. Intanto la città attende, silenziosa, che si compia il suo destino.
Gianmario Leone (dal TarantoOggi, 3 luglio 2014)
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