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Eni, il movimento StopTemparossa: “No alla svendita del nostro territorio”

TARANTO – Il neonato movimento StopTemparossa si presenta alla stampa e alla cittadinanza. A parlare in piazza della Vittoria ci sono tre portavoce: Daniela Spera, Mimmo Battista e Marco De Bartolomeo. Ed è proprio la Spera ad intervenire per prima soffermandosi sulle criticità di un progetto che prevede l’arrivo a Taranto di oro nero grezzo proveniente dalla Valle del Sauro (Lucania) non per essere raffinato, ma per essere caricato su petroliere dirette verso altre raffinerie. Problematiche riassunte in un dossier di otto pagine  che da domani  sarà divulgato sulla pagina Facebook  SaveMarGrande e tramite la pubblicazione online su siti e blog di tutte le associazioni legate al movimento.

Si comincia dal rischio legato all’inquinamento del mare e agli incidenti petroliferi. “Il progetto Tempa Rossa – viene spiegato – prevede un aumento del traffico di petroliere in mar Grande con rischio di sversamenti per cause accidentali o operazionali”. Vengono citati anche alcuni dati elaborati dall’Ispra sugli incidenti rilevanti occorsi nei mari italiani dal 1977 al 2010. La maggior parte degli sversamenti è avvenuta in Grecia (30%), Italia (18%) e Spagna (14%), “ossia nei pressi di quei Paesi dove sono localizzati i più importanti porti in cui si concentrano i volumi più elevati di traffico”. Inoltre, si fa notare che in Europa non esiste un numero sufficiente di navi in grado di intervenire efficientemente in caso di inquinamento derivante da sversamenti di idrocarburi.

Oltre a comportare un aumento delle emissioni in atmosfera – è scritto nel documento – il progetto comporterà un consistente incremento del traffico di petroliere: 90 navi/anno, previsione verosimile solo ammettendo una capacità di 30.000 DWT. Se si considerano, invece, navi di capacità inferiore, per l’export complessivo di 2,7 milioni di t/anno, il traffico è da considerarsi più consistente, stimabile fino a 140 navi di capacità variabile.

“E’ evidente – fanno notare dal movimento – che l’aumento del traffico di petroliere aumenta la probabilità di incidenti con gravi conseguenze sulle risorse ittiche marine”, mentre “il porto di Taranto sarebbe destinato a battere il record italiano di incidenti con sversamento di derivati petroliferi in mare, il cui rischio è già attualmente molto elevato”. Ma a preoccupare è anche altro: “Da un’analisi del Rapporto di Sicurezza presentato dall’azienda relativo al progetto “Tempa Rossa” si evince un aumento complessivo del rischio di incidente rilevante per l’interessamento del parco serbatoi situato lungo la Strada Statale 106″. L’aggiunta di due serbatoi della capacità di 180.000 metri cubi accanto a quelli già esistenti determinerebbe un aumento del rischio di incidente rilevante con possibilità di interessamento delle aree circostanti la raffineria, specie quelle frequentate dal pubblico.

Inoltre, per il movimento StopTemparossa, il progetto è incompatibile con l’economia locale.  Motivi che spingono a chiedere il ritiro delle concessioni “arbitrariamente concesse contro l’interesse pubblico e l’esproprio di alcuni appezzamenti di terreno funzionali alla riconversione delle infrastrutture pubbliche”. “Le petroliere portano ricchezza solo all’Eni – è scritto nel documento – invece le navi passeggeri portano turisti che garantiscono un vitale flusso di denaro a tutti i cittadini di Taranto indistintamente”.

Durante la conferenza stampa viene puntato l’indice contro un certo modo di fare politica: “Rigettiamo ogni forma di contrattazione con il privato in termini di acquisizione di royalties (denaro offerto in cambio dello sfruttamento selvaggio del nostro territorio), in quanto non siamo disposti a svendere la nostra città e la nostra salute”. Non può mancare un cenno alla posizione assunta dal Pd che due anni fa, in Consiglio Comunale, votò contro il progetto Tempa Rossa. Oggi potrebbe cambiare atteggiamento in cambio di nuove garanzie a livello ambientale ed economico da parte dell’Eni che a breve dovrebbe presentare un ulteriore documento.

“Si vuole camuffare questo documento parlando di questioni ambientali e compensazioni  – dichiara Daniela Spera – in realtà una parte dell’Amministrazione comunale vuole attuare una svendita del nostro territorio. Sono disposti a concedere un “sì”  a patto che l’Eni offra di più in termini economici. Ricordiamo che alla città arriverebbero solo gli spiccioli rispetto a quanto guadagnano compagnie come l’Eni. Solo rifiutando questi spiccioli eviteremo la morte di Taranto. Nessuna cifra può e deve bloccare il nostro futuro”. Il rischio evocato dalla Spera è chiaro: “A spartirsi i soldi sarebbero solo alcuni: multinazionali e politici, sia a livello locale che centrale. Questo i cittadini non possono accettarlo”.

Alessandra Congedo

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