Anche perché entro metà mese, secondo quanto previsto dalla legge dello scorso 6 febbraio, il governo deve dare una risposta alla proposta di piano industriale presentata da Bondi lo scorso mese, peraltro già ufficialmente contestata dal gruppo Riva e da Federacciai. Ricordiamo che il piano industriale, così come avvenuto per quello ambientale, dovrà essere approvato con apposito decreto del Consiglio dei mininistri.
Bondi, intanto, ieri era dato in quel di Milano per un incontro con alcuni emissari del gruppo indiano Ancelor Mittal. Ma il tempo delle voci e delle ipotesi è destinato a finire molto presto. Come riportato anche ieri infatti, giugno è il mese decisivo per le sorti del siderurgico tarantino. Tesi confermata ieri anche da Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, una delle tre banche che figura tra i creditori dell’Ilva Spa, a margine di un convegno a Milano.
E’ bene infatti ricordare che secondo la Centrale rischi di Bankitalia, aggiornata ad ottobre scorso, Ilva beneficia dagli istituti di credito di un accordato di 1,855 miliardi, dei quali 1,520 utilizzati: di questi ultimi 534 milioni sono autoliquidanti (factoring), 769 milioni a scadenza, 7,3 milioni a revoca, 197 di garanzie commerciali e 14 di garanzie finanziarie (con uno sconfino di 2 milioni). Togliendo le garanzie, degli 1,3 miliardi residui, proprio Intesa dovrebbe essere esposta per 850 milioni, Banco Popolare per 240, Unicredit 200. “Credo che nel corso delle prossime settimane ci potranno essere novità”, ha dichiarato Messina. “E’ una fase in cui si stanno abbozzando delle soluzioni, quindi è prematuro fare previsioni”, ha aggiunto l’ad dell’istituto di credito più esposto nei confronti dell’Ilva Spa. Oramai la sabbia nella clessidra del tempo sta finendo.
G. Leone (TarantoOggi, 04.06.2014)
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