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Ilva: e se arriva lo straniero…

TARANTO – Giornata di incontri ieri intorno alla vicenda Ilva. Ad aprire ci ha pensato direttamente il premier Matteo Renzi, che ha sentenziato: “Così non si va avanti: c’é bisogno di un cambio di passo nel giro di qualche giorno”. Il che per molti vuol significare la mancata riconferma per il commissario straordinario Enrico Bondi, in scadenza il 4 giugno, che ieri si è recato a Palazzo Chigi per un incontro con il sottosegretario Graziano Delrio. In contemporanea al ministero dello Sviluppo si lavorava al dossier Ilva, con gli attori che negli ultimi tempi sono stati accostati al siderurgico ed al suo futuro assetto proprietario.

Nel palazzo del ministero guidato da Federica Guidi si sono recati due rappresentanti della famiglia Riva, il presidente di Federacciai e le due imprese che al momento appaiono più interessate: la Arcelor Mittal e la Marcegaglia Spa. Per quest’ultima erano presenti Antonio ed Emma Marcegaglia, presidente e vice-presidente. Top secret il contenuto di entrambi i vertici. Ma è chiaro che si sta tentando il tutto per tutto pur di salvare il futuro del siderurgico tarantino.

Certamente la considerazione più interessante del giorno, arriva dal presidente della commissione Industria del Senato, Mucchetti (Pd). “Sull’Ilva – ha affermato Mucchetti – si sta giocando una partita opaca nel momento in cui Enrico Bondi sta per ultimare il suo mandato annuale. Scade il 4 giugno. Può essere rinnovato, naturalmente. I concorrenti privati dell’Ilva non vogliono. Ma soldi sul tavolo non ne mettono. Contestano le soluzioni tecnologiche innovative prospettate da Bondi ma lo fanno ex cathedra, senza confronti nel merito e senza guardare in casa propria”.

“Si profila il rischio – continua Mucchetti – di uno spezzatino con l’Ilva di Novi e quella di Genova a disposizione dei privati e Taranto a Mittal che ne ridurrebbe la produzione a 5 milioni di tonnellate tagliando l’occupazione. Altra ipotesi è il ricorso alla legge Marzano. Ma in entrambi i casi – sostiene Mucchetti – bisognerebbe riscrivere il decreto Ilva, abbassandone gli obiettivi sul piano ambientale, industriale e occupazionale”.

Lo abbiamo scritto proprio l’altro giorno: un compratore straniero, verrebbe a Taranto soltanto per chiudere i battenti quanto prima. “Un governo che vuol fare industria e non Confindustria, promuovendo innovazione e lavoro in un ambiente migliore, non finanzia il taglio dei posti di lavoro in un ambiente peggiore: per questo ci penserà bene prima di dare retta a certe sirene. Ne siamo sicuri” ha concluso il presidente della commissione Industria del Senato. Il problema è che difficilmente qualcuno, governo compreso, potrà fare granché per salvare il futuro dell’Ilva.

 Gianmario Leone (30 maggio 2014) 

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