Lo ha dichiarato Claudio Riva al termine. Insieme a lui, anche Cesare Riva, nipote dell’imprenditore Emilio Riva deceduto lo scorso 30 aprile, e oggi alla guida di Riva Acciaio.
Sia i Riva che Bondi erano affiancati dai rispettivi consulenti e legali. Una risposta formale, vuol dire che i Riva daranno al massimo qualche indicazione, ma niente di più. Per avere una risposta ufficiale c’è tempo. Tanto tempo.
Del resto, i Riva non sono obbligati da nessuno a partecipare all’aumento di capitale previsto dalla legge n. 6 del 6 febbraio scorso. Tra l’altro, possono tranquillamente restare a guardare, visto che la legge sul commissariamento dell’Ilva del 4 agosto 2013, prevede che nell’agosto del 2016 torneranno alla guida dell’azienda. Il che, paradossalmente, potrebbe anche voler dire che qualora si trovassero le risorse per risanare parte del siderurgico, si ritroverebbero tra le mani un’Ilva ridimensionata, ma comunque attiva e produttiva, ed in parte risanata senza aver scucito un solo euro. Eventi che solo in Italia possono accadere. Ma stiamo parlando comunque di un’ipotesi remota, se non impossibile, almeno per quanto ci riguarda.
“La famiglia è una famiglia molto unita. Ci vogliamo molto bene. Ma c’é il gruppo Riva che è un gruppo industriale e di questa vicenda si occupa il gruppo Riva, non la famiglia Riva”. Una puntualizzazione quella di Claudio Riva, a proposito delle intenzioni della famiglia per il futuro dello stabilimento di Taranto, che vuol dire tutto e niente. “E’ un dossier complicato. Sicuramente molto complicato”, ha infine commentato Riva. Come se la famiglia e il gruppo Riva non fossero responsabili della situazione attuale. Sarà.Ed anche il redivivo Bondi avrà avuto molto poco da dire. Visto che non sa che destino lo attende. Il primo mandato gli scade il 4 giugno. Il governo può rinnovarglielo o meno. Stesso discorso per il sub commissario Edo Ronchi. Insomma, come sempre si naviga a vista. Buon weekend.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 24 maggio 2014)
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