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Taranto, quel che resta del Giro d’Italia

TARANTO – La grande bellezza del Giro d’Italia è racchiusa nei piccoli grandi gesti della quotidianità condensati in 3 settimane di gara. Perchè quelli percorsi dai ciclisti e dalla lunga carovana al seguito non sono solo 3500 km fatti di asfalto, rotatorie, salite e discese ma sono il racconto di un’Italia che cambia, con le sue particolarità, contraddizioni ed “estremismi”. Le due tappe che hanno attraversato la Puglia, quella con partenza da Giovinazzo e arrivo a Bari e quella con partenza da Taranto, sono state solo una piccola goccia folcloristica che chi percorre le strade del Giro vede ogni anno ma che, probabilmente, non si abituerà mai alle esternazioni d’affetto della popolazione verso uno degli sport più amati in assoluto.

Gli applausi e gli incitamenti verso tutti i corridori sono la punta di un iceberg che la sociologia dovrebbe studiare approfonditamente perchè il tifoso del ciclismo solo rare volte ha un proprio “eroe personale”. Molto più frequentemente segue e sostiene le fatiche collettive, sprona ad andare avanti dal primo all’ultimo corridore della classifica generale e poco gli importa se la corsa si svolge su una strada piatta o in salita C’è anche il tifo organizzato, quello che prepara striscioni, bandieroni e, come accaduto nel quartiere Libertà di Bari, a poche centinaia di metri dalla linea del traguardo, ha diffuso l’inno d’Italia per incoraggiare i ciclisti nostrani rimasti nell’ombra fino alla quinta tappa di questa 97esima edizione della corsa rosa.

Cambiano le città ma il rituale si ripete. Anche a Taranto il pubblico non ha fatto mancare il proprio sostegno agli atleti, tutti applauditissimi fin dal loro arrivo sulla Rotonda del lungomare per segnare la presenza sul foglio firme. Nella città dei due mari, tuttavia, c’è stata anche la protesta pacifica degli operai della società “Isolaverde” che nei pressi della linea di partenza hanno apposto lo striscione «134 licenziamenti e le istituzioni assenti!». La manifestazione non ha compromesso la gioia dei tanti presenti che dal 1997 attendevano a Taranto lo spettacolo del Giro d’Italia. Quella volta a vincere di prepotenza, in uno sprint combattutissimo, fu Mario Cipollini che, ieri mattina, a distanza di 17 anni, è tornato nel capoluogo ionico in veste di opinionista sportivo.

Per lui, così come per tanti altri ciclisti in gara, sono consuetudine la firma di autografi, lo scatto di fotografie e gli ormai immancabili selfie degli appassionati felici di posare accanto ai protagonisti di una delle gare a tappe più dure del mondo. Campioni di ieri e di oggi, fianco a fianco, come in un microcosmo itinerante che non smette mai di far sognare il pubblico. Chi non ricorda le favolose volate dell’ex campione del mondo toscano? E quale tifoso non raggiunge il percorso immaginando uno scatto del proprio corridore di riferimento? Perchè più forte del doping, degli scandali e dei sospetti il ciclismo è amato a causa del suo essere “portatore sano di sogni”, soprattutto per chi, come i più piccoli, ha ancora voglia di sperare.

E si chiuda un occhio se per un limitato numero di ore alcune strade sono state chiuse al traffico o ci sono stati disagi temporanei per i cittadini. La ricaduta economica e mediatica per il territorio è stata visibile ad occhio nudo. Numerosissime le televisioni di tutto il mondo collegate con l’arrivo e la partenza di tappa, gli alberghi al completo e tantissimi turisti arrivati nei capoluoghi pugliesi per vedere i campioni delle due ruote. Giovinazzo, Bari e Taranto hanno ospitato al meglio la carovana rosa, la festa del Giro si rinnova e quest’anno continuerà fino all’1 giugno sul traguardo finale di Trieste, dopo aver percorso 3500 km fatti non solo di asfalto.

Luca Caretta per InchiostroVerde

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