A settembre il caso Zanframundo fu anche prospettato dall’Usb all’allora premier Enrico Letta in occasione della sua visita a Bari per l’inaugurazione della Fiera del Levante. “La violazione delle risultanze istruttorie conduce alla conclusione che il licenziamento dello Zanframundo non può essere qualificato come discriminatorio perchè non vi è prova di un’intenzione datoriale soltanto punitiva ad personam” si legge nella decisione del magistrato che a fronte del “risolto rapporto di lavoro tra Zanframundo Marco e l’Ilva spa” ha condannato l’azienda “a pagare” al lavoratore 18 mensilità”dall’ultima retribuzione globale di fatto”. Per il magistrato, “gli elementi di giudizio favorevoli allo Zanframundo non valgono a cancellare la realtà acclarata della violazione disciplinare posta dall’Ilva come motivo del licenziamento che non può tecnicamente essere ritenuto persecutorio”.
Per il giudice, “non basta sostenere che l’Ilva, mediante sanzioni disciplinari irrogate miratamente, si precostituisce titoli di responsabilità idonei a porre i lavoratori colpiti sotto minaccia di licenziamento. I dipendenti che si reputano ingiustamente sanzionati hanno il diritto e anche l’onere di non sottostare alle forme indebite di pressione datoriale, rivolgendosi ogni volta al giudice del lavoro per far valere la loro verità e, in tal modo, denunciare e sventare il programma punitivo”. Il licenziamento di Zanframundo, rammenta il magistrato, è stato intimato “a seguito di una contestazione e di un procedimento disciplinare non investiti da censure formali del lavoratore e comunque, sotto questo profilo, conformi a legge”. Zanframundo, scrive il giudice nella sentenza, operando come locomotorista al Movimento ferroviario dell’Ilva “ometteva negligentemente di effettuare la prova freno moderabile e la prova freno continuo automatica, propedeutiche all’avvio del mezzo in violazione delle istruzioni”. Nella sentenza infine il giudice richiama anche le nuove previsioni normative della riforma Monti-Fornero in materia di lavoro. (Agi)
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