Com’è noto, la famiglia Fornaro ha vissuto anni dolorosi a causa dell’inquinamento prodotto dall’Ilva. Erano circa 600 le pecore ospitate nella masseria Carmine. La loro esecuzione fu decisa con un’ordinanza emessa dal Servizio Veterinario della Regione il 4 dicembre 2008, in seguito ad un’attività di monitoraggio che aveva fatto emergere valori fuori norma per diossine e pcb.
Una scelta paradossale quella compiuta dalle istituzioni: sopprimere le vittime della contaminazione piuttosto che bloccare le fonti inquinanti. Il divieto di pascolo tuttora vigente nel raggio di 20 km dalla zona industriale è un macigno che pesa sul presente e sul futuro.
Da allora, però, qualcosa è cambiato. L’imperativo? Reinventarsi. Gli ovili restano vuoti, ma la terra comincia a rianimarsi con il progetto presentato qualche mese fa. “La canapa ha diversi usi: tessile, alimentare, farmaceutico. Noi siamo orientati verso la produzione tessile – ci ha spiegato Vincenzo Fornaro in un’intervista pubblicata sul nostro sito il 15 novembre 2013 (leggi qui) – inoltre la canapa è anche un disinquinante. Effettueremo delle analisi del terreno prima della semina e dopo il raccolto proprio per confrontare la quantità di inquinanti assorbiti”.
Nella stessa intervista, Vincenzo ci annunciò che la prima semina sarebbe stata effettuata a marzo 2014. L’appuntamento è slittato solo di qualche giorno. Il 5 aprile è la data fissata per questo nuovo inizio. Una ripartenza da salutare con fiducia e affetto. Certo, le ciminiere dell’Ilva restano sullo sfondo, pistole ancora fumanti puntate sulle tempie della città, ma la voglia di rimettersi in gioco ha scalzato la rassegnazione. Questo pezzo di terra bruciata, in attesa di riscatto, è pronta a raccogliere la sfida.
Alessandra Congedo
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