Ciò detto, la gestione da parte dell’azienda di questo incidente di percorso, evidenzia un cambio di rotta rispetto al recente passato. Che sta ancora una volta a sottolineare come per i vent’anni della gestione Riva, come denunciato da pochi e messo in risalto dall’ordinanza del gip Todisco del luglio 2012, il siderurgico sia stato gestito in una maniera che definire allucinante è dire poco. La fermata a scacchiera dei tre altiforni infatti, non è stata dovuta al problema tecnico in sé, ma ad una scelta aziendale. La riduzione energetica infatti colpisce in particolare il reparto acciaieria e l’area a freddo. La fermata tecnica degli AFO invece, ha consentito una minore produzione di gas: che in passato, anche a fronte di guasti simili, con gli impianti che restavano in marcia, veniva bruciato in torcia, con tutti gli effetti nefasti che ciò comporta nell’aria-ambiente. Oltre che per la salute di lavoratori e cittadini.
Sia chiaro: stiamo parlando di inezie, di un qualcosa che è quasi impercettibile. Perché un fermo tecnico così breve, avrà portato “benefici” per qualche ora: ammesso e non concesso che ciò abbia un riscontro oggettivo nelle rilevazioni delle centraline dell’ARPA. Ma è la dimostrazione di come, anche in una situazione come quella attuale, dove diversi impianti sono stati fermati, altri marciano a regime ridotto, ed i lavori previsti dall’AIA e dal piano ambientale devono ancora vedere la luce, anche la gestione del più grande siderurgico d’Europa può avvenire seguendo una semplice logica: quella del rispetto minimo che si deve ad ogni singolo lavoratore. E ad ogni singolo cittadino. Oltre che ad ogni singola molecola di aria.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 25.03.2014)
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