Per i sindacati, che si riferiscono agli investimenti programmati, “è impensabile l’idea di produrre opportunità di lavoro che rischiano di non ricadere sul territorio, il cui livello di disoccupazione viene stimato con un trend tendenziale del 17%”. Sempre secondo i sindacati c’è una “fase di sostanziale blocco che interessa gli ingenti investimenti pubblici e, soprattutto, privati che da tempo immemorabile attendono di entrare nella fase attuativa”. Questi investimenti, dicono le confederazioni, “rappresentano importanti opportunità che sono pericolosamente sospese, legate a procedimenti autorizzativi inspiegabilmente fermi e che rischiano di dissolversi nel nulla. Caso emblematico quello della Cementir, il cui management, proprio a causa delle tante lentezze burocratiche, ha mutato i propri piani strategici “derubricando” lo stabilimento di Taranto a centro di lavorazione secondario pur in presenza di rilevanti economie esterne di carattere infrastrutturale. In stato del tutto analogo – osservano ancora i sindacati – versano i piani di rilancio dell’Arsenale (Piano Brin), isteriliti dalle macro omissioni burocratiche e finanziarie che hanno quasi del tutto azzerato le aziende dell’indotto”.
Infine, parlando del rilancio del porto, i sindacati occupandosi dello “stato di avanzamento dei procedimenti autorizzativi per i lavori di infrastrutturazione al porto di Taranto” commentano come “a distanza di due anni” si parli “ancora solo ed unicamente di rilascio di atti amministrativi propedeutici all’avvio dei lavori che dovrebbero potersi concludere non prima della fine del 2015”. E nel frattempo, denunciano i sindacati di Taranto a proposito del porto, “flettono pericolosamente i traffici dei container dirottati verso scali più organizzati e reattivi”. (Agi)
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