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Ilva, Cassazione su no sequestro: gip non spiega perchè somme sono frutto di reato

TARANTO – Il 20 dicembre scorso la Cassazione aveva annullato il provvedimento del 17 luglio 2013 con cui il gip Patrizia Todisco aveva esteso il sequestro di beni fino a 8,1 miliardi disposto nei confronti delle società della famiglia Riva. Oggi veniamo a conoscenza delle motivazioni che avevano portato ad accogliere il ricorso presentato da Riva Energia e Riva Acciaio. Nel provvedimento, il Gip non avrebbe motivato in che modo quelle somme siano “profitto dei reati associativi e ambientali” di cui sono accusate le persone a capo della società “controllante” e non spiega perchè debbano essere considerati “profitto del reato” e come tali aggredibili con una misura cautelare.

Ma nelle nove pagine che illustrano le motivazioni della sentenza, si spiega anche altro: il giudice non può applicare ex officio una misura cautelare in mancanza di una domanda del pubblico ministero e non può nemmeno adottare una misura più grave di quella eventualmente richiesta. “Nella vicenda in esame – si legge – è pacifico che il provvedimento impugnato è stato emesso dal Gip non in relazione ad una richiseta cautelare proveniente dal Pm, ma ad una richiesta di precisazione della portata applicativa di un precedente provvedimento di sequestro adottato dal medesimo Gip in data 22-24 maggio 2013”.

Facendo riferimento al decreto impugnato, la Cassazione afferma che  esso ha autorizzato “in difetto di una correlativa richiesta da parte del Pm, una estenzione del sequestro preventivo in relazione ad oggetti (azioni, quote sociali, cespiti aziendali, ecc) e a destinatari (le società ricorrenti, neanche sottoposte ad indagine riguardo ai fatti di reato oggetto di contestazione) del tutto diversi rispetto a quelli indicati nell’originario decreto”. La Cassazione spiega che quel provvedimento aveva come oggetti destinatari Riva Fire e “solo in via meramente subordinata – in caso di incapienza dei beni della prima – l’Ilva Spa, con particolare riguardo ai soli beni immobili nella disponibilità di quest’ultima”.

Inoltre, la Cassazione afferma che “il provvedimento impugnato, oltre a risultare privo di dispositivo, non espone le ragioni giustificative delle precisazioni fornite alle richieste in tal senso avanzate dal custode, richieste il cui contenuto viene apoditticamente condiviso senza illustrare i motivi della autorizzata estensione, oggettiva e soggettiva, della misura cautelare reale anteriormente disposta. Non viene esplicitato, infatti, il contenuto delle osservazioni svolte dal custode, né vi sono espressamente indicate le ragioni per cui le stesse siano state ritenute fondate”. Il provvedimento del gip tarantino, secondo la Cassazione, presenta “aspetti di abnormità strutturale che lo pongono fuori dall’ordinamento, con l’esigenza della sua conseguente rimozione”.

Alessandra Congedo

 

 

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