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”Quando il 26 novembre 2012 il Gip di Taranto sequestrò i prodotti finiti dello stabilimento aprendo un conflitto tra governo e magistratura, avevo suggerito a Ilva di chiedere il dissequestro con l’impegno di destinare quelle risorse, circa un miliardo, al risanamento e il Gip fu contrario. Ora è passato un po’ di tempo e io mi auguro che quelle risorse siano destinate al risanamento, ma in un paese normale è l’impresa che deve deciderlo”, dice Clini, secondo cui ”se a novembre 2012 le cose fossero andate diversamente, oggi Ilva sarebbe il cantiere piu’ green d’Europa”. Sono parole che non ci meravigliano, pienamente coerenti con le posizioni sempre assunte dall’ex ministro dell’Ambiente.
Clini parla di pregiudizio rispetto alla volontà dell’azienda di procedere – seriamente – col risanamento degli impianti. La storia, l’esperienza, i fatti oggettivi, ci hanno sempre detto che l’Ilva ha sempre anteposto il profitto e i suoi interessi al resto, compresa la tutela della salute e dell’ambiente, cosa su cui avrebbero dovuto vigiliare istituzioni attente e rigorose, non colluse o accondiscendenti. Interventi improvvisati, fintamente risolutivi, come la barriera antipolveri installata lungo il perimetro dello stabilimento a ridosso del quartiere Tamburi, la continua ritrosia nei confronti della copertura totale dei parchi minerali, il costante ricorso a proroghe e modifiche delle opere previste dall’Aia, l’ostinazione nel cercare sempre soluzioni più economiche rispetto a quelle più efficaci, l’arroganza nel negare proprie responsabilità rispetto all’emergenza salute che colpisce la città ionica. Noi queste cose non le dimentichiamo. Anche se Clini preferisce trattarci come degli smemorati o, ancor peggio, come degli stupidi. (A. Cong)
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