Tumori, ecco la verità sul codice 048 – Interviene l’Associazione Italiana Epidemiologia

aieTARANTO – Chi si ricorda la polemica di inizio settembre sul numero di persone che usufruiscono dell’esenzione dal pagamento del ticket sanitario per malattia tumorale (codice 048)? Sicuramente tutti. Domanda: dov’è finito l’interesse degli ambientalisti e dei media locali e nazionali su questa vicenda che all’epoca generò uno “scandalo” generale? Chissà. L’iniziativa intrapresa all’epoca da Paecelink, che solo questo giornale ebbe il coraggio e l’onestà intellettuale di criticare, aveva lo scopo di ottenere dati “istantanei” e studiarne l’evoluzione temporale come “primo passo per compiere ulteriori indagini più affinate da un punto di vista epidemiologico”.

Ecco cosa dice in merito, dopo alcuni mesi, l’Associazione italiana di epidemiologia (che ha pubblicato un documento ufficiale sul suo sito). Partendo dal presupposto che l’esposizione dei cittadini alle emissioni industriali è argomento di importanza prioritaria, “il fai da te epidemiologico è una tentazione forte per rispondere a problemi che, volenti o nolenti, sono complessi e articolati”. Il dato epidemiologico che arriva dalle esenzioni ticket è, infatti, distorto e non attendibile in quanto, come sostenemmo su queste colonne, forniscono “un quadro non corrispondente alla realtà”. Da un lato i dati sono sottostimati, in quanto l’esenzione non è richiesta da tutti i pazienti con tumore.

Una serie di persone (basso reddito familiare, pensione sociale o al minimo, con più di 60 anni e relativi familiari a carico, disoccupati registrati nei centri per l’impiego, cittadini con invalidità civile, di guerra, del lavoro, con cecità, sordomutismo) sono già esenti dal pagamento del ticket: quindi non appaiono nel conteggio. In alcuni casi, invece, l’iter per l’ottenimento dell’esenzione 048 potrebbe non iniziare, o essere interrotto, perché il paziente muore prima della richiesta di esenzione. Risultato: si “perdono” dei casi di tumore. Ma lo strumento del ticket può anche fornire dati sovrastimati (più malati di quelli effettivi), perché lo stesso codice è assegnato anche “a pazienti con tumori benigni e a comportamento incerto, a tumori ormai in fase di remissione, o a pazienti che devono sostenere terapie sostitutive o di mantenimento. Ossia, persone che non si ammaleranno, che non si sa se si ammaleranno mai, che sono guarite o in via di guarigione”.

Era proprio ciò che sostenemmo su queste colonne: ma i “tuttologi” di cui questa città è piena, ci accusarono di essere dei “venduti” e di non avere mostrato la sensibilità necessaria nello scrivere ciò che oggi hanno messo nero su bianco gli epidemiologi. I quali concludono che “risulta chiaro dunque che il confronto tra distretti è fortemente distorto dalla sottostima (diversa per ogni distretto) attribuibile alle persone che sono affette dalla patologia, ma che non si registrano per l’esenzione”. Esattamente ciò a cui mirava PeaceLink. L’associazione tarantina infatti, si pose come obiettivo quello di conoscere il numero di cittadini malati di tumore in un’area (il rione Tamburi) per paragonarlo a quello di altre aree (i quartieri distanti dall’Ilva). Tutto chiaro? Bene, andiamo avanti.

Altro problema sorto all’epoca: l’indicatore di esenzione per patologia può essere utilizzato per valutare l’andamento delle malattie nel corso del tempo (per dire se i tumori stanno aumentando)? La risposta degli epidemiologi è lapidaria: “No”. Il motivo è semplice: quando fu introdotto il sistema dell’esenzione nel 1999, non tutti i malati la richiesero, ma lo fecero gradualmente, nel corso degli anni. “Quindi è impossibile – dichiarano – andando a ritroso nel tempo, ricostruire l’andamento reale della diffusione della malattia basandosi su questo strumento”.

Proseguiamo. In quei giorni concitati di settembre, ci fu un’altra polemica. Peacelink sosteneva che le esenzioni riportano un dato di prevalenza, il quale veniva considerato un buon indicatore della velocità di comparsa delle malattie. Noi sostenemmo il contrario. Ovvero che fossero i dati di incidenza a “contare”, riportati peraltro nel registro tumori di Taranto (2006-2008), di cui molti “tuttologi” all’epoca ignoravano clamorosamente l’esistenza. Gli epidemiologi infatti, affermanno che il miglior indicatore della velocità di comparsa delle malattie sono proprio i dati di incidenza, “che indicano quanti nuovi casi di cancro vengono diagnosticati in un anno, mentre la prevalenza non si riferisce ai nuovi casi, ma scatta una fotografia istantanea (in un momento preciso) e dice quante persone in una popolazione vivono dopo aver avuto una diagnosi di tumore nel corso della vita”.

E’ infatti “lo studio epidemiologico di incidenza e mortalità, corredato da adeguato controlli di qualità e dei fattori di distorsione, e non quello della prevalenza, l’approccio scientifico che fornisce informazioni utili per intraprendere ricerche sulla relazione tra una esposizione ambientale e una specifica malattia”. Come si ricorderà, all’epoca la nostra tesi era che l’iniziativa di Peacelink era del tutto sprovvista di una base scientifica. Cosa che invece possiede un registro tumori (anche quello di Taranto). Ed infatti gli epidemiologi scrivono: “I dati sulle esenzioni sono utili solo se integrati in sistemi più complessi (ricoveri ospedalieri, prescrizioni farmaceutiche, prestazioni specialistiche). Solo un’osservazione integrata può dare informazioni utili dal punto di vista epidemiologico.

Ed è proprio questo il metodo adottato dai Registri tumori, che da anni seguono (“registrano”) l’andamento delle malattie oncologiche in Italia basandosi sull’incrocio di più fonti di dati, tra cui l’anagrafe sanitaria, l’anagrafe comunale, i referti di anatomia patologica, le schede di dimissione ospedaliera, i rapporti con i medici di famiglia, i codici di esenzione”. Tra gli epidemiologi intervenuti, c’è anche una vecchia conoscenza di Taranto e di Peacelink: Mariangela Vigotti, epidemiologa dell’Università di Pisa. La quale sostiene che richiedere dati istantanei sui tumori ha poco senso: “E’ molto più utile chiedere che vengano fatte ulteriori indagini partendo da quanto è già emerso piuttosto che ricominciare daccapo, e meglio se le indagini non si limitano all’inquinamento dell’aria o ai soli tumori”.

La Vigotti, inoltre, non concorda con la pretesa di chi, riferendosi ai codici dell’esenzione dai ticket, chiede “di non criticare i nostri dati, peraltro di fonte Asl”, come sostenne Peacelink. Tra l’altro, come si ricorderà, la polemica tra questo giornale e l’associazione tarantina, nasceva anche dal fatto che quei dati non erano stati chiesti all’Asl, ma ottenuti da un’altra associazione che quei dati aveva invece chiesto ufficialmente per un progetto di screening con cui partecipare ad un bando della Regione: associazione che peraltro non fu informata da Peacelink sull’imminente diffusione dei dati. La Vigotti ribadisce infatti che “il fatto che la fonte sia l’ASL non è sufficiente per rendere intoccabili i dati: questi sono e rimangono dati grezzi e sono solo una fonte informativa, peraltro creata per finalità amministrative”.

Per fare un discorso realmente efficace in favore della salute pubblica, come era forse nelle intenzioni di Peacelink, occorrono dati solidi. Magari un archivio dati integrato di tutti gli assistiti. “Questo – sostiene la Vigotti – dimostra chiaramente l’approssimazione dell’affermazione riportata sul sito di Peacelink: “la sola esenzione del ticket è sufficiente a definire il numero complessivo delle persone in vita affette da una patologia”; l’uso del solo codice di esenzione 048 o del numero totale dei decessi, è di per sé discutibile, mentre una banca dati integrata permetterebbe di seguire sì l’andamento dei vari fenomeni sanitari annualmente, ma anche di avere valutazioni complessive con cadenza pluriennale, perché solo questo consente di capire come intervenire più efficacemente”.

Per gli epidemiologi, Vigotti compresa, “non è questo il modo di avviare indagini epidemiologiche appropriate: tale raccolta, anche se ha un forte effetto mediatico, è epidemiologicamente molto debole e può condurre a conclusioni distorte”. In quei giorni furenti di settembre sostenemmo, nel dileggio generale, che il dato “grezzo” fornito da Peacelink, non diceva nulla di più in merito alla responsabilità scientificamente certa che tutti e 9mila gli ammalati di Taranto abbiano contratto la malattia per colpa delle emissioni industriali”. Scrivemmo anche che “la ricerca della verità, la denuncia continua sull’inquinamento ambientale, le connivenze tra grande industria, politica, sindacati, Confindustria, e tantissimi settori di questa città, è un obiettivo che questo giornale persegue da anni. E che riconosciamo a tanti singoli cittadini e alle diverse associazioni presenti sul territorio (a partire proprio da Peacelink).

Ma da sempre, almeno noi, lavoriamo sui documenti e sui dati certi. Su queste colonne contestammo metodo e deduzioni finali di quell’azione: ma il tutto fu ridotto, da altri, ad una becera questione personale di bassa lega (che prosegue ancora oggi): questo giornale sarà sempre libero di esprimere il proprio pensiero. Stando solo dalla parte di Taranto. E soprattutto farà sempre vera Informazione. Concludemmo quella polemica così: “Ma il tempo, anche se si fa spesso attendere, è galantuomo. E un giorno la verità, su ogni cosa, verrà a galla. Ad maiora”. Il giorno è arrivato. “Sono sempre pronto ad imparare; non sempre a lasciare che mi insegnino” (Winston Churchill, Woodstock 30 novembre 1874 – Londra, 24 gennaio 1965).

Gianmario Leone (TarantoOggi, 16.12.2013)

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