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Ilva, il Wwf boccia l’ennesimo decreto: “Al peggio non c’è mai fine”

E’ proprio vero il detto “Al peggio non c’è mai fine”. E’ arrivato, e non è affatto un regalo di Natale, l’ennesimo decreto “Salva Ilva”, l’ultimo di una lunga, infausta serie di decreti legge governativi che, nel breve volgere di un anno (dicembre 2012 – dicembre 2013) hanno afflitto Taranto con una decretazione d’urgenza senza precedenti, indegna di un paese civile e che, di fatto, hanno perpetuato le infinite violenze e sofferenze che da cinquant’anni annientano il territorio e l’antica città jonica.

Inserito nel decreto legge sulla c.d. “Terra dei fuochi”, approvato ieri dal Consiglio dei Ministri, il decreto risponde, e prontamente, alle richieste del Commissario Bondi e del sub commissario Ronchi i quali – lamentando la irrealizzabilità delle tempistiche previste nell’AIA riesaminata del 2012 “data la complessità della situazione” e che i ritardi accumulati dai Riva non possono essere addebitati alla loro gestione – hanno chiesto e ottenuto di essere esonerati dalle sanzioni previste nella L. 231/2012 (nota anche come “Salva Ilva”), che espressamente prevedevano una multa anche del 10% del fatturato del siderurgico, ove le prescrizioni AIA non fossero state ottemperate.

Oltre alla sospensione delle sanzioni ex lege 231/12 (che pure erano blande e inadeguate alla gravità della situazione), il decreto prevede la semplificazione della procedura relativa alla Valutazione di Impatto Ambientale contenuta nel Codice dell’Ambiente ( il che costituisce di per sè già una deroga alle norme del Codice) e un enorme potere discrezionale nelle mani del Commissario.

Nella premessa al testo del decreto si legge infatti che : “la insufficienza delle risorse finanziarie a disposizione della struttura commissariale rischiano di vanificare il rispetto del termine di 36 mesi previsto nell’AIA” . Nella sostanza, questo assunto ha portato allo svincolo dei fondi sequestrati dalla magistratura posto che il decreto ora stabilisce che se i Riva non metteranno a disposizione di Bondi i fondi necessari, il Commissario potrà richiedere “le somme sottoposte a sequestro penale in relazione ai procedimenti penali a carico del titolare dell’impresa o del socio di maggioranza, diversi da quelli per reati ambientali o connessi all’attuazione dell’AIA“.

Allo stato attuale, non si può non rilevare dunque che le attuali normative comportano gravissime violazioni dei parametri legislativi sia nazionali che internazionali in tema di ambiente, salute e sviluppo sostenibile.

E’ verosimile pensare che il principio comunitario “chi inquina paga“, che pure è cosa ovvia e scontata negli altri paesi europei, dove vige un più alto livello di certezza del diritto, in Italia non verrà applicato. Questo dato dovrebbe far riflettere se solo consideriamo che siamo stati legislatori nel mondo, che il Diritto Romano è stato, ed è ancora, alla base di tutta l’area di Civil Law, vale a dire di tutto il diritto europeo. Stiamo ormai da anni assistendo alla graduale compressione dei diritti umani essenziali e Taranto può essere considerata la città simbolo dei diritti umani negati.

Le leggi ad Ilvam, contrastando fortemente con i dettami del panorama normativo comunitario hanno portato entrambe le Alte Corti Europee (la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sede in Lussemburgo e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con sede a Strasburgo) ad indagare sul disastro ambientale e sanitario di Taranto.

Nonostante lo Stato italiano debba rispondere, nei confronti della Comunità Internazionale, di omissioni, ritardi e inadempienze per non aver posto in essere le misure necessarie a che un simile disastro si compiesse e che un intero territorio venisse sacrificato sull’altare dgli interessi economici nazionali, l’attuale legislazione dell’emergenza continua a massacrare l’antica città Jonica con una inarrestabile e devastante decretazione d’urgenza, totalmente inadeguata alle emergenze che vive la città.

Lo scontro in atto tra Magistratura e Governo sembra non avere fine, perchè, puntualmente, il Governo interviene a vanificare l’operato della magistratura, volto a tutelare i diritti essenziali del territorio, primo fra tutti il diritto alla vita, sancito nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1950 e in altri trattati internazionali come la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (firmata a Nizza nel 2000), la quale prevede, all’art. 35 un elevato livello di protezione della salute umana, e all’art. 37 un elevato livello di protezione dell’ambiente. In ambito nazionale l’art. 32 della Costituzione tutela il diritto alla salute definendolo “fondamentale”, diritto fortemente minacciato dall’attuale livello delle emissioni inquinanti presenti nell’area jonica.

La salvaguardia dell’ambiente deve diventare dunque una priorità assoluta nel panorama legislativo nazionale, non essendo più accettabile la compressione dei diritti essenziali dell’individuo, come la vita, la salute e il diritto a vivere in un ambiente salubre. E’ necessario più che mai porre in essere normative adeguate, e non dell’emergenza, che facciano convivere senza farli confliggere salute e lavoro, impresa e ambiente, in linea con uno sviluppo sostenibile delle attività economiche e produttive, senza il primato della produzione e del profitto ad ogni costo.

Fabio Millarte, presidente WWF Taranto –  Antonella Galeone, responsabile giuridico WWF Taranto

 

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