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Ilva, Vendola nella bufera querela Il Fatto Quotidiano

TARANTO – Che senso ha pubblicare un’intercettazione telefonica nota da un anno, risalente al luglio 2010 e in cui si commenta un fatto accaduto nel novembre del 2009? Che senso ha stravolgere il senso di un’intercettazione? Ed ancora: perché ripubblicare fatti noti a chiunque proprio oggi, quando la maxi inchiesta della Procura di Taranto sull’Ilva è giunta quasi a conclusione, senza riportare la verità storica di quegli anni?

Ieri il “Fatto Quotidiano” ha infatti rilanciato una serie di intercettazioni telefoniche raccolte dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta “Ambiente Svenduto”, tra cui una del luglio 2010 tra il governatore della Puglia Nichi Vendola e Girolamo Archinà, l’ex pr dell’Ilva tra gli uomini più fidati e potenti della famiglia Riva. In quell’occasione il presidente di SEL, si “complimentava” con Archinà dopo aver visionato su youtube un filmato in cui quest’ultimo strappava il microfono dalle mani di un cronista di una tv locale, che intevistava Emilio Riva sul problema ambientale di Taranto causato dall’inquinamento dell’Ilva e sui casi di tumore registrati in città (che per l’ingegnere dell’acciaio altro non erano che un’invenzione giornalistica).

Certamente la telefonata in questione Vendola avrebbe potuto risparmiarsela. Non fosse altro perché da sempre si fa portavoce dei valori migliori della sinistra, tra i quali dovrebbe esserci la libertà di stampa e il diritto di cronaca. E’ altresì indubbio che da un punto di vista etico, Vendola abbia sbagliato ad intrattenere rapporti intimi ed amichevoli con Riva e i suoi uomini, visto che avrebbe dovuto interfacciarsi unicamente attraverso i canali istituzionali e non tramite mail, sms e chiamate su utenze private.

Ciò detto, è sin troppo evidente che ciò che ha indotto Vendola a ridere, è la “scenetta” a cui ha assistito e non certamente, come invece sostiene il “Fatto”, i tumori di Taranto. Inoltre, attualmente Vendola è indagato per concussione aggravata esercitata nei confronti del direttore di ARPA Puglia e non per questa o altre telefonate. Così come è fin troppo evidente che l’intera operazione mediatica abbia una regia tutta tarantina.

Sino al 26 luglio 2012, giorno del sequestro dell’area a caldo dell’Ilva, si contavano sulle dita di una mano le persone che a Taranto non avessero rapporti confidenziali con Girolamo Archinà. E tramite esso con la famiglia Riva. Per anni, il mondo della politica, del sindacato e del giornalismo locale (tranne rarissime eccezioni) e nazionale, hanno taciuto sulle vicende dell’Ilva. Anche sull’evento di quel lontano 19 novembre 2009, il silenzio fu totale. “Fatto Quotidiano” compreso. Che si è accorto, come tutti gli altri, dell’esistenza dell’Ilva e del dramma di Taranto soltanto nel luglio 2012. Ergersi oggi a paladini di etica e moralità appare dunque alquanto fuori luogo.

Tra l’altro, come sempre avviene in questi casi, lascia sconcertati l’ipocrisia della politica: le intercettazioni, come l’inchiesta della magistratura, partono dal 2009. Vendola, governatore dal 2005, qualcosa ha provato a farla (seppur male e del tutto inefficace). Prima di lui però, la Regione era in mano al centrodestra (che compatto chiede le dimissioni immediate di Vendola insieme a Verdi e Movimento 5 Stelle) con Raffaele Fitto nel ruolo di governatore. Il quali firmò nel 2004 i primi “atti d’intesa” con l’Ilva che il gip Patrizia Todisco nell’ordinanza del luglio 2012 definì “una colossale presa in giro”. L’iniziativa del “Fatto Quotidiano” appare dunque più un attacco personale e politico a Vendola che un’inchiesta giornalistica di rilievo. Il governatore ha già annunciato querela e bollato l’iniziativa come “uno squallido attacco alla mia persona”.

E che l’ipocrisia oggi la faccia da padrona, lo dimostra anche la nota di Assostampa, che all’epoca dei fatti restò in silenzio e che per anni ha ignorato, così come l’Ordine dei Giornalisti della Puglia, come l’Ilva impedisse di lavorare ai cronisti bollati come “nemici”. L’associazione infatti, oggi si ricorda che “nessuno può impedire a un giornalista di fare domande e compiere il proprio dovere” e del collega Luigi Abate, “al quale va tutta la nostra solidarietà”. Soltanto oggi Assostampa trova il coraggio per denunciare “l’arroganza e la tracotanza del signor Archinà: un chiaro atto di prevaricazione che va da tutti stigmatizzato e respinto nella sua gravità”. Di tutto questo, avremmo volentieri fatto a meno. Per amor di verità (storica e giornalistica).

Gianmario Leone

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