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Ilva, i fatti contestati dai Pm e il “turbamento” di Vendola

TARANTO – Il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola si è detto “turbato”. In mattinata le agenzie hanno battuto la notizia che lo vede indagato per concussione ai danni del direttore generale di Arpa Puglia Giorgio Assennato, nell’ambito dell’inchiesta sul disastro ambientale e sanitario prodotto dall’Ilva. In brevissimo tempo ha convocato una conferenza stampa a Bari per dire la sua: “Sono molto turbato, soprattutto per una ragione: io ho l’orgoglio di aver guidato un’Amministrazione regionale che ha provato a scoperchiare la pentola, che e’ andata a mettere il naso laddove nessuno mai aveva messo il naso. E’ un fatto storico che la mia Amministrazione nel 2006 abbia raddoppiato gli organici dell’Arpa a Taranto, che abbia investito quasi mezzo milione di euro per acquistare quello spettrometro che consentiva le indagini sulle diossine. E’ un fatto storico che dal 1965 sino al 2006 non erano mai stati fatti monitoraggi in nessuno dei duecento camini dell’Ilva; come e’ un fatto storico che quando, nella primavera del 2008, abbiamo avuto i dati del monitoraggio, nell’autunno dello stesso anno abbiamo fatto, unici in Italia, la Legge antidiossina”.

Le parole del governatore Vendola si scontrano con la realtà descritta nel provvedimento della Procura di Taranto che vede indagate 53 persone. Vendola avrebbe agito per “ammorbidire” la posizione di Arpa Puglia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dal siderurgico ionico. Alla luce dei risultati dei campionamenti della qualità dell’aria che avevano evidenziato  nell’anno 2009 valori estremamente elevati di benzo(a)pirene, Assennato (insieme ai funzionari di Arpa Puglia  Blonda  e Giua), con nota del 21.06.2010, aveva suggerito l’esigenza di procedere ad una riduzione ed una rimodulazione del ciclo produttivo dell’Ilva. Diversa sarebbe stata la strada indicata da Vendola che “mediante la minaccia implicita della mancata riconferma dell’incarico ricoperto”, avrebbe costretto il direttore di Arpa Puglia ad ammorbidire la sua posizione consentendo all’Ilva di proseguire l’attività produttiva ai massimi livelli, senza le auspicate riduzioni o rimodulazioni.

In una riunione del 22 giugno 2010, alla presenza di Manna, Fratoianni, Losappio, Pellegrini ed Archinà, Vendola “dopo aver fortemente criticato l’operato dell’Arpa, esprimendo al contempo disapprovazione, risentimento ed insofferenza verso il predetto ufficio ed i funzionari che vi prestavano servizio (Blonda, Assennato e Giua) tanto da sostenere “così com’è Arpa Puglia può andare a casa perché hanno rotto…”, ribadiva che in nessun caso l’attività produttiva dell’Ilva avrebbe dovuto subire ripercussioni”. In un’altra circostanza, il 23 giugno 2010, Vendola convocava Blonda, direttore scientifico dell’Arpa, per esprimere tali concetti. Infine, il 15 luglio 2010, nel corso di una riunione informale alla quale “presenziavano, tra gli altri, anche Emilio e Fabio Riva, Girolamò Archinà e Luigi Capogrosso”, Assennato, seppur convocato, invece di essere ricevuto, veniva lasciato fuori dalla stanza ed ammonito dal dirigente Antonicelli a non utilizzare i dati tecnici (relativi alla relazione del 21 giugno 2010) come “bombe carta che poi si trasformano in bombe a mano”“.

Tra gli indagati, compare anche Nicola Fratoianni, ex assessore regionale alle politiche giovanili. Avrebbe aiutato Vendola ad eludere le investigazioni.  Tra i nomi “noti” figura quello dell’assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro. Sentito dalla polizia giudiziaria come persona informata sui fatti, in merito alla riunione già citata, avrebbe affermato falsamente  “di non avere memoria della presenza del prof. Giorgio Assennato nella riunione del 15 luglio 2010”; di non ricordare la circostanza relativa alla convocazione dello stesso Assennato presso l’Ufficio di Presidenza, né che lo stesso fosse stato lasciato deliberatamente fuori dall’ufficio. Entrambi sono indagati per favoreggiamento.

Alessandra Congedo

SCARICA IL DOCUMENTO:  avviso conclusione indagini

 

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