Lo sdegno per la repressione violenta delle proteste pacifiche di Greenpeace sta facendo il giro del mondo: uno striscione è stato aperto alla base del monte Everest, mentre a Città del Messico gli attivisti di Greenpeace hanno costruito una cella attorno al monumento a Gandhi.
Nel centro di Groningen (Olanda), città natale di uno degli attivisti imprigionati e città gemellata con Murmansk, è stata eretta una gabbia gigantesca. A Bangkok la gente si è radunata al tempio di Wat Phra Kaeo e ha composto con i fiori la scritta “Free the Arctic 30”. La stessa scritta è stata proiettata sull’Alahambra, a Granada, in Spagna. In India, a Bangalore, il raduno è stato indetto a “Freedom Park”, dove una volta c’era una prigione, mentre in Germania da settimane si svolge una lunga e partecipata veglia.
Si moltiplicano le richieste al Presidente Putin di riconsiderare le accuse di pirateria mosse nei confronti degli Arctic 30. Il primo ministro tedesco Angela Merkel lo ha chiamato personalmente, mentre 11 Nobel per la Pace gli hanno rivolto un appello, rilanciato in Italia anche da Dario Fo. La prossima settimana il Parlamento britannico discuterà la questione e deciderà come intervenire.
Greenpeace ha inviato una lettera a Paolo Scaroni, AD di ENI per ringraziare dell’iniziativa che ha voluto prendere, nel rispondere a un appello dei parlamentari Anzaldi, de Petris e Mollea, a favore degli attivisti detenuti in Russia. “Il suo gesto è importante proprio perché viene da un partner industriale di Gazprom, azienda russa di cui contestiamo i progetti industriali nell’Artico” afferma Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace. Nelle prossime settimane, su proposta di ENI, si terrà un incontro per aggiornare l’azienda sulla situazione degli attivisti arrestati e sugli aspetti ambientali dei progetti di ENI, nell’Artico come nel Mediterraneo, per i quali Greenpeace vede le maggiori criticità. Questa mattina il presidente del Board di Shell – altro partner strategico di Gazprom nell’Artico – ha dichiarato in Finlandia che l’attivista finlandese Sini Saarela dovrebbe essere liberata. Ci auguriamo ora che l’AD di Shell, Peter Voser, rompa con Gazprom e faccia il possibile per la liberazione degli Arctic 30.
Nota stampa di Greenpeace
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