Accolto quasi fosse una star, Squinzi ieri ha parlato di crescita del paese e dell’importanza che in questo campo ha l’Ilva di Taranto. Ha parlato di tempistiche AIA che devono essere uguali in tutta Italia, come se tutte le aziende inquinanti avessero gli stessi problemi e le stesse dimensioni, o avessero provocato gli stessi danni. Ha ripetuto il solito ritornello del dover coniugare la difesa del lavoro e dell’ambiente, ponendo l’accendo sui fondi europei di cui non andrà perso un solo euro (visto che senza quelli della Banca Europea degli Investimenti e delle banche italiane l’Ilva avrebbe chiuso i battenti all’istante). Tutte belle parole. Vuote di significato. Visto che sono pronunciate da colui il quale, lontano da Taranto, dallo scorso luglio ha sempre difeso il gruppo Riva, i suoi investimenti miliardari per l’eco-compatibilità dell’Ilva, oltre a non evitare qualche attacco strisciante nei confronti della magistratura tarantina.
Ma ieri, ovviamente, si è ben guardato dal parlare di ciò. Il buon Squinzi è stato affiancato dal governatore Vendola, che non veniva in riva allo Ionio per due giorni nella stessa settimana da anni. Il governatore ha parlato del decreto legge 61, accusando la lobby della siderurgia italiana di aver lavorato affinché il testo venisse modificato a favore dell’azienda. Eppure, sino al 2011, lo stesso Vendola affermava di ritenere Emilio Riva un interlocutore serio ed affidabile, con il quale si era ritrovato ad avere in comune la totale condivisione dei “valori cristiani”. Presente anche il ministro della Coesione territoriale, Carlo Trigilia, che ha dichiarato come Taranto, dovrà conservare una forte presenza industriale, anche se vorrà aprirsi a settori nuovi e ad una nuova economia. Dobbiamo aggiungere altro?
G. Leone (TarantoOggi, 26.07.2013)
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