Dunque, dallo scoccare della da mezzanotte, il patron dell’Ilva Emilio Riva e il figlio Nicola, insieme all’ex direttore dello stabilimento siderurgico tarantino, Luigi Capogrosso, torneranno liberi: ma non è da escludere che nelle prossime ore potranno essere applicate misure accessorie come, ad esempio, l’obbligo di dimora. Del resto, lo stesso procuratore capo della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, pur avendo dichiarato durante la sua audizione al Senato lo scorso giugno che l’inchiesta sarebbe stata chiusa entro lo scorso mese, ha sempre ribadito che “più si va avanti e più emergono altri filoni di indagine”. Inoltre, la scelta della Procura è stata condizionata dal fatto che a livello legislativo, manchi ancora la parola fine sulla vicenda dell’Ilva.
Il decreto legge 61 dello scorso 4 giugno infatti, dopo l’approvazione del testo alla Camera dell’11 luglio, approderà soltanto la prossima settimana al Senato: i tempi sono dunque strettissimi, visto che il decreto andrà commutato in legge entro il 4 agosto. Non solo: perché non prima di settembre sarà redatto il piano di lavoro da parte del sub commissario Edo Ronchi e dei tre esperti nominati dal ministero dell’Ambiente, che per decreto avrà la possibilità di rivedere la tempistica dell’applicazione delle prescrizioni presenti nell’AIA rilasciata all’Ilva dall’ex ministro Clini il 26 ottobre dello scorso anno.
Ed è proprio sull’AIA che si gioca gran parte della partita: perché anche al Corte Costituzionale lo scorso 9 aprile, pur pronunciandosi a favore della legittimità costituzionale della legge 231/2012 ‘salva Ilva’, sostenne che il presupposto per consentire all’azienda di continuare l’attività produttiva consta nella rigorosa applicazione dell’Autorizzazione integrata ambientale. Intanto, al di là del ritorno in libertà di Emilio Riva che porterà con sé le inevitabili polemiche, a tenere banco è il testo del decreto legge profondamente rivisto ancora una volta a favore dell’azienda.
Gianmario Leone (Il Manifesto)
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