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Eni, gas nell’aria e gasolio in mare

TARANTO – Mentre riceviamo altre segnalazioni inerenti una fortissima puzza di gas avvertita in queste ore in città, pubblichiamo l’articolo pubblicato dal TarantoOggi su quanto avvenuto ieri.

 

Ci mancava soltanto il nubifragio estivo. Poco dopo le 19 di ieri, terminata l’ingente pioggia, si sono accese le torce della raffineria Eni, che hanno emanato il solito denso fumo nero, oltre ad una quantità notevole di cattivo odore di gas: ovvero quello bruciato in torcia. Il problema, dunque, è sempre lo stesso: il blocco dell’energia elettrica che arriva attraverso la rete Enel (pare causato da un fulmine che ha colpito la raffineria), provoca un maggiore consumo di gas che viene bruciato in torcia. E’ una procedura di sicurezza, che però arreca un nuovo, ennesimo, danno all’ambiente e alla salute dei cittadini. Che anche ieri, a decine, hanno tempestato di chiamate le sedi dei Vigili del Fuoco e del dipartimento di Taranto dell’ARPA Puglia. Ente regionale per la protezione ambientale che, tra l’altro, nelle prossime ore analizzerà i dati delle centraline ENI 1, ENI 2, ENI 3, dell’analizzatore in continuo ad alta risoluzione temporale di H2S (acido solfidrico) in funzione presso la centralina “QA” in via Archimede e dell’altra posta in via Machiavelli, per capire se vi è stato o meno il superamento dei valori limite di qualche inquinante. Le torce dell’Eni hanno continuato a “fumare” ben oltre le dieci di ieri sera.

E’ pressoché scontato, quindi, che da oggi ritornerà in auge il progetto della centrale a turbogas che Enipower ha in progetto di installare all’interno della raffineria dal lontano 2007, che ha proprio l’obiettivo di rendere indipendente da un punto di vista energetico, la raffineria. Tema che peraltro, come riportato la scorsa settimana, è stato affrontato in Commissione Ambiente al Comune con il direttore della raffineria di Taranto, Carlo Guarrata. Il nuovo progetto, denominato “Adeguamento della Centrale di Cogenerazione”, è al momento soggetto alla procedura di VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) presso il ministero dell’Ambiente.

La società Enipower, controllata al 100% dall’Eni, decise di rivedere il progetto originario (che prevedeva l’installazione di una centrale di taglia 240 MW) nonostante l’ok ottenuto dal ministero dell’Ambiente, a causa delle denunce del comitato “Taranto Libera” e di questo giornale, oltre alla clamorosa retromarcia di Comune e Provincia di Taranto che avevano dato il proprio assenso al progetto in tempi non sospetti, a differenza della Regione Puglia che aveva presentato ricorso al TAR del Lazio (a cui si era anche accodato il Comune, dimostrando una leggera confusione di idee sull’argomento). Il nuovo progetto, che prevede l’installazione di una centrale di taglia di 80 MW, pur prevedendo lo smantellamento della vecchia centrale ad olio combustile (impianto costruito nel 1966), non renderà di fatto autonoma la raffineria da un punto di vista energetico, continuando a causare i fenomeni delle torce “ammirati” anche ieri. Certamente però, si eviterà l’aumento di diversi inquinanti, come ad esempio il monossido di carbonio (da 87 ton/a a 456,4 ton/a) e la CO2 (+276%), che nel progetto originario erano previsti in clamoroso aumento. Inoltre, è bene ricordare che il progetto originario, prevedeva un’ingente produzione di energia elettrica superiore alle reali esigenze della raffineria: non è un caso infatti se la stessa Enipower nel progetto dichiarava che il 72% dell’energia prodotta, sarebbe stata venduta sul mercato. Dunque, un ulteriore guadagno a danno dell’ambiente del territorio e della salute dei tarantini.

Ma oltre al problema dell’energia elettrica, pare per un problema di pressurizzazione di alcuni tubi, si è verificato un improvviso sversamento in mare di prodotto liquido (presumibilmente gasolio non raffinato) dal canale dell’Eni nello specchio d’acqua che si affaccia in Mar Grande: il fenomeno ha avuto un’estensione di 80 metri lineari sotto costa con una ampiezza verso largo di 10 metri con moto ondoso che spingendo sotto costa ha contenuto la chiazza. Sul posto sono subito intervenuti i mezzi della capitaneria di Porto e le imbarcazioni della società Ecotaras, specializzata negli interventi di disinquinamento, e gli esperti dell’ARPA. Lo specchio di mare è stato circoscritto con il sistema dei “panni” per circoscrivere il danno ambientale ed assorbire il prodotto. Contattato in tarda serata, il comandante della Capiteneria di Porto di Taranto, Pietro Ruberto, ci ha confermato che le operazioni, seppur ancora in corso al momento di andare in stampa, procedevano senza problemi e che la situazione fosse sotto controllo. Certo è che, complice anche l’oscurità della sera, soltanto quest’oggi sarà possibile valutare attentamente l’ennesimo danno arrecato all’ecosistema marino della rada di Mar Grande.

G. Leone (TarantoOggi, 09.07.2013)

 

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