Ancora una volta, se la prende con pm e gip: “Nella dialettica delle parti, con la magistratura che ha interpretato la legge, e’ passato un tempo lungo che ha rallentato tutto ciò che l’Aia prevedeva” e ”purtroppo i giorni che sono andati da novembre ad aprile sono stati quelli che probabilmente hanno compromesso la possibilità che si realizzasse nei tempi previsti il programma stabilito dall’Aia”.
Nelle interviste rilasciate al Corriere della Sera e al Messaggero, Clini dice anche altro: ”se il 15 novembre, giorno in cui l’Ilva ha presentato il suo piano, fossero partiti tutti gli interventi programmati e non ci fosse stato il blocco dei prodotti finiti, oggi la situazione sarebbe sicuramente diversa”. L’Aia, sottolinea, ”non e’ un documento per chiudere le fabbriche ma una procedura per fare in modo che le attivita’ produttive proseguano e vengano risanate. Evidentemente questo approccio non e’ molto piaciuto a chi riteneva che la fabbrica dovesse essere chiusa”. E comunque, dopo le critiche, ”la cosa che mi da’ piu’ soddisfazione e’ vedere che tutti ora ne chiedono la piena applicazione”, e’ ”un documento da cui non si puo’ prescindere’.
In un altro passaggio, Clini ricorda che “l’esproprio dell’azienda, se e’ inadempiente, e’ previsto dalla legge ma per attuarlo bisognerebbe seguire delle procedure”, il percorso di commissariamento ”prevedeva alcuni passaggi che non mi e’ parso di vedere attuati, tra i quali l’accertamento delle inadempienze e il contraddittorio con l’azienda”.
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