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“Il Tartarugaio è un ecomostro”, Legambiente chiede spiegazioni su pareri favorevoli

TARANTO – Legambiente ha scritto al Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Lecce, Brindisi e Taranto ribadendo la sua contrarietà alla realizzazione del cosiddetto “tartarugaio” e chiedendo spiegazioni per gli stringatissimi pareri favorevoli espressi in merito dalla Sovrintendenza. Di seguito il testo della lettera.

Il Circolo di Taranto di Legambiente, nell’ambito delle sue attività di tutela e promozione del patrimonio ambientale ed architettonico del proprio territorio, ha espresso più volte la sua ferma contrarietà alla realizzazione, attualmente in corso, del “Presidio multizonale di sanità e benessere della fauna marina protetta – Centro di recupero e cura tartarughe marine”, il cosiddetto “tartarugaio”. Si tratta di una nuova struttura edilizia situata nella città vecchia di Taranto, presso il molo S. Eligio, lungo i bastioni che affacciano sul mar Grande.

La nascita del “tartarugaio” ha avuto vita complessa. Il progetto, inizialmente chiamato “Isola dei Delfini”perché avrebbe dovuto ospitare un centro di cura dei cetacei, fu presentato all’interno del pacchetto per il Piano di Intervento Comunitario “Urban II”; divenne cantiere nell’agosto del 2004 per essere poi sospeso due anni più tardi. Dopo un periodo di totale abbandono del cantiere l’Amministrazione comunale, di concerto con la facoltà di Veterinaria dell’Università di Bari, il CNR e la Direzione Asl/area Sanità animale, ritenne utile riconvertire la struttura a Centro di recupero delle tartarughe marine. A seguito di tale cambio di destinazione d’uso, l’Amministrazione comunale predispose un progetto di variante e nuovamente riprese il cantiere che, attualmente, è in corso di realizzazione.

Questa breve cronistoria ripercorre l’iter che ha condotto alla realizzazione di un manufatto edilizio che, a nostro avviso, rappresenta un vero e proprio “schiaffo” per un paesaggio urbano, quello della città vecchia di Taranto, il cui skyline e la cui morfologia è stata definitivamente trasformata da un progetto che poco o nulla ha in termini di rispetto e salvaguardia del patrimonio storico e ambientale. Innanzitutto per ciò che riguarda il suo forte impatto sul territorio, la cui rilevanza è ben apprezzabile ora che l’edificio sta per essere completato.

Per la realizzazione del progetto in questione infatti, oltre ad aver demolito un edificio esistente (e che magari avrebbe potuto ospitare esso stesso le attività del “Centro”, dopo opportuna riqualificazione), si è proceduto a realizzare una serie di opere cosiddette “marittime”, consistenti in una nuova colmata a mare al di sotto dei bastioni su mar Grande. La nuova colmata a mare ha permesso che il nuovo edificio non fosse realizzato sull’area del vecchio edificio demolito, ma più aggettante verso il mare. La nuova posizione e la volumetria maggiore del nuovo edificio rappresentano ora una vera e propria barriera visiva verso il mare per chi transita sul corso Vittorio Emanuele II in direzione del ponte girevole.

Analizzando la documentazione amministrativa a corredo del progetto abbiamo potuto notare come il Comune di Taranto abbia richiesto ben due volte un parere di compatibilità alla Sovrintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Lecce, Brindisi e Taranto, una prima volta nel 2003 per il progetto originario ed una seconda volta nel 2012 per il progetto di variante. In entrambi i casi gli stringatissimi pareri favorevoli espressi dalla Sovrintendenza si limitavano a porre quali uniche e identiche condizioni che “i materiali e le finiture esterne, nonché gli elementi di arredo fisso posti all’esterno, siano concordati con la scrivente nel corso di specifico sopralluogo”.

Non una parola sull’impatto che una struttura del genere potesse avere in un contesto delicato come quello di un centro storico e della città vecchia di Taranto in particolare. Non una parola sulle opere marittime e sulla alterazione della morfologia e della conformazione fisica dell’isola. L’unica attenzione che la Sovrintendenza pone quali caratteri di compatibilità con la presenza di un centro storico alle spalle, riguardano i materiali di finitura esterna (che da ciò che si sta realizzando vediamo essere in blocchetti di tufo o carparo di colore giallo ocra), la tipologia degli infissi esterni e, immaginiamo, anche le panchine che verranno poste all’esterno (come efficacemente evidenziato dalle immagini render che campeggiano all’esterno del cantiere). A noi sembra davvero molto poco, quasi nulla, rispetto alla modificazione del paesaggio urbano di un unicum come la città vecchia di Taranto. Un parere, insomma, per noi incomprensibile. Per questo vorremmo, sig. Soprintendente, che Lei ce ne spiegasse – dopo aver preso visione dell’opera – le ragioni.

 

 

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