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Ilva, il 9 aprile nuovo round

TARANTO – Il prossimo 9 aprile si svolgerà l’udienza pubblica alla Corte Costituzionale in cui saranno discusse le ordinanze del gip Patrizia Todisco e del tribunale del riesame di Taranto con cui venne sollevata questione di legittimità costituzionale sulla legge 231 del 24 dicembre, la così detta “salva-Ilva”. Oltre, ovviamente, all’Avvocatura dello Stato in rappresentanza del governo, anche il gruppo siderurgico si é costituito nel giudizio di costituzionalità della legge, attraverso i propri avvocati. Come si ricorderà, lo scorso 13 febbraio la Corte Costituzionale dichiarò inammissibili i due ricorsi con i quali la procura di Taranto aveva sollevato il conflitto di attribuzione sul decreto “salva Ilva” e sulla legge che lo recepì.

Quello della Consulta fu un “no” tecnico, in quanto la costante giurisprudenza porta a ritenere inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione su una norma, nel momento in cui esiste la possibilità che sulla medesima legge venga posta la questione di legittimità costituzionale. Ipotesi che nel caso della legge sull’Ilva si è concretizzata con le questioni di costituzionalità sollevate sia dal Tribunale sia dal gip Patrizia Todisco lo scorso gennaio. Il prossimo 9 aprile dunque, la Consulta deciderà se ritenere ammissibili i due ricorsi. Secondo il gip, gli articoli 1 e 3 della legge 231 violano 17 articoli della Costituzione ed il provvedimento si pone “in stridente contrasto con il principio costituzionale della separazione tra i poteri dello Stato”.

Le stesse norme “confliggono, altresì, con il dovere dell’ordinamento di reprimere e prevenire i reati attraverso l’azione autonoma ed indipendente della magistratura, pubblici ministeri e giudici”. Nell’ordinanza il gip scrisse che i due articoli “violano gli articoli 2, 3, 9 comma 2, 24 comma 1, 25 comma 1, 27 comma 1, 32, 41 comma 2, 101, 102, 103, 104, 107, 111, 112, 113 e 117 della Costituzione”: nella loro richiesta iniziale invece, i pm avevano intravisto la violazione di 11 articoli della Carta Costituzionale. Con la legge, scriveva il gip, “si ha una sospensione ingiustificata dell’operatività della legge solo per alcune imprese e non per altre. Tutto ciò sulla base di criteri eccessivamente generici”. “Per un periodo di  36 mesi – continuava il gip – l’impresa ha la possibilità di inquinare anche se, per avventura, è possibile stabilire molto prima di tale termine che la stessa non si adeguerà alle prescrizioni dell’AIA”. E’ facile prevedere quindi, che sino al prossimo 9 aprile poco o nulla accadrà. Certamente si dovrà trovare un accordo per quanto concerne la richiesta di cassa integrazione straordinaria avanzata dall’Ilva per 6500 lavoratori impiegati negli stabilimenti di Taranto, Pratica (Frosinone) e Torino. Il 3 marzo, infatti, scade la cassa in deroga per diverse centinaia di operai.

Intanto, c’è chi continua a diffondere notizie allarmistiche nel settore della siderurgia in merito al futuro dell’Ilva. In questo caso si parla dell’acciaio sequestrato all’azienda lo scorso 26 novembre, che i custodi giudiziari dovranno vendere per ordine del gip, confinando il ricavato in un conto congelato sino a quando la Consulta non si sarà pronunciata. L’Ilva si è opposta a tale eventualità, presentando ricorso al tribunale del Riesame che discuterà l’atto il prossimo 12 marzo. Intanto, secondo alcune voci diffusesi ieri, trader esteri presenti in Italia sarebbero intenzionati ad acquistare stock di quel materiale a prezzi ridotti per poi rivenderli anche in paesi asiatici come il Vietnam e la Cina, effettuando un capovolgimento degli attuali flussi di mercato sinceramente poco credibile.

A questo discorso si lega anche l’apprensione degli operatori europei del mercato dei lavorati piani, in merito ad una possibile distorsione al ribasso dei prezzi a causa della svendita dell’acciaio tarantino. Che non si capisce perché mai dovrebbe avvenire. E’ infatti quanto mai sospetto che ci si preoccupi di eventi sin qui mai presi in considerazione da nessuno, invece di sottolineare con preoccupazione il netto rifiuto dell’Ilva di collaborare con i custodi alla vendita dell’acciaio. Una presa di posizione, l’ennesima, che si commenta da sola.

Gianmario Leone (TarantoOggi, 28.02.2013)

 

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