L’azienda ha inoltre comunicato ai sindacati che tra domani e giovedì, darà notizie più chiare in merito alla forza lavoro da impiegare nel reparto: 15 i turni previsti ogni settimana, il che vorrebbe dire impiegare non più di 70-80 lavoratori sui 2400 a tutt’oggi in cassa integrazione, tutti dell’area a freddo. Sempre in questi giorni intanto, i sindacati si aspettano di essere convocati dall’azienda per conoscere, finalmente, le reali intenzioni del gruppo Riva sull’immediato futuro. Il tema scottante che tiene tutti con il fiato sospeso, è il ricorso alla cassa integrazione per 7-8mila dipendenti degli stabilimenti di Taranto, Genova e Novi Ligure, minacciato dall’azienda venerdì scorso: i sindacati hanno già informato i dirigenti Ilva sul fatto che non saranno disposti ad accettare numeri di questa entità, e che un’eventuale trattativa sulla cassa potrebbe esserci solo se quest’ultima è subordinata ai lavori di messa a norma ambientale (quindi l’applicazione dell’AIA) degli impianti.
Ciò detto, prima di ogni cosa viene la ripartenza dell’area a freddo, dove attualmente sono in marcia solo gli impianti Treno nastri 2 e Finitura nastri 2, che l’azienda ha fermato prima per crisi di mercato e poi come ritorsione per la decisione della magistratura di sequestrate il materiale prodotto dal 26 luglio al 25 novembre. Non a caso i sindacati hanno salutato positivamente il fatto che l’azienda abbia annunciato il riavvio del tubificio ERW in quanto, sottolineano, “non si perdono ulteriori commesse di lavoro e fra queste la commessa Kazakistan per la fornitura di 5mila tubi”. Di base, però, resta che qualunque discorso sulla cassa integrazione futura, potrà avvenire soltanto dopo la presentazione del piano industriale (che l’azienda deve ancora presentare) e dovrà essere collegata indissolubilmente al risanamento degli impianti dell’area a caldo. Evento che difficilmente vedrà mai la luce da queste parti.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 29.01.2013)
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