In sostanza, secondo Pugliese “uno brusco stop al ciclo produttivo, anticamera di un’inesorabile chiusura. Ed all’uopo è bene ricordare – continua il sindacalista – che i lavoratori dipendenti diretti dello stabilimento ionico sono circa 12mila, 4mila degli appalti e altrettanti dell’indotto, che diventano 25mila se sommati a quanti lavorano con i semilavorati nei siti di Novi Ligure, Genova e Cuneo”. Alla tolleranza zero da parte della Procura, che fronteggia “un’incomprensibile posizione intransigente da parte dell’Ilva nei confronti della magistratura”, Pugliese ribatte proponendo “un sano buon senso, terreno fertile per bilanciare al meglio salute e lavoro”.
“Se è vero – continua il segretario della Uil regionale – che l’acciaio sequestrato costituisce il corpo del reato, è indiscutibile che la salute dei cittadini di Taranto non trarrebbe alcun giovamento dal sequestro a oltranza del materiale prodotto prima del 26 novembre. Il sequestro, purtroppo, non garantisce ristoro per chi ha respirato per anni e anni polveri e veleni”. Anche sulla disputa riguardo alla legge salva-Ilva, Pugliese fa appello al buon criterio delle parti in causa. “Anche nel caso in cui risultasse fondata la richiesta di incostituzionalità della legge, così come la salute è un bene costituzionalmente protetto, il lavoro è il pilastro della Costituzione della Repubblica italiana. Ecco perché bisogna perseguire con ogni forza una soluzione che salvaguardi entrambi i beni, i quali, va da sé, assumono un valore apprezzabile solo a patto che siano in grado di coesistere”.
Infine, Aldo Pugliese chiede all’Ilva “di decidersi, una volta per tutte, a presentare il piano industriale, che si affidi per la messa in opera a risorse cospicue e adeguate all’emergenza. Ma qualora ciò non dovesse avverarsi, non esistono, allo stato attuale delle cose, alternative a quanto disposto dal decreto. Il Governo, inoltre, senza indugiare oltremodo, deve nominare come previsto un garante che controlli la reale applicazione delle misure utili all’ambientalizzazione degli impianti e non solo. In caso di ulteriore inadempienza, si presenta l’obbligo inderogabile di procedere al commissariamento dell’Ilva, facendo ricadere i costi di quanto necessario sulla proprietà. Quindi, se la posizione della proprietà non dovesse variare, si dovrà procedere all’inevitabile esproprio dell’azienda. E’ tempo di scindere il destino della proprietà da quello di fabbrica e lavoratori. Del resto – chiosa Pugliese – sin dal marzo del ’95, siamo sempre stati fermamente contrari alla privatizzazione dell’Ilva, denunciando l’assenza di garanzie nei confronti dei cittadini, della salute, dell’ambiente e del lavoro. Siamo stati, nostro malgrado, facili profeti”.
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