La convocazione non è piaciuta alla Fiom Cgil, che ha chiesto di spostare l’incontro perché, come affermato dal segretario provinciale Donato Stefanelli, “non si può convocare il giorno prima un incontro di tale importanza in un momento in cui siamo impegnati su tantissimi fronti per le tante vertenze presenti sul territorio”. Tra l’altro, una volta che la legge 207 sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, l’Ilva rientrerà in possesso dei prodotti finiti e semi lavorati sequestrati lo scorso 26 novembre: evento che dovrebbe di fatto far rientrare la richiesta di cassa integrazione avanzata dall’azienda prima dell’approvazione del decreto. Molto più probabile invece, è il fatto che la Provincia voglia tastare il polso della situazione, che resta profondamente critica, nonostante siano arrivate sul conto dei lavoratori Ilva le tredicesime attese lo scorso 20 dicembre.
Ed in attesa del 12 gennaio, giorno in cui si spera non si presentino nuovi inconvenienti per la retribuzione dello stipendio del mese di dicembre, il nodo da sciogliere è di ben altra caratura: ovvero la presentazione da parte dell’Ilva del piano industriale. Che ai sindacati metalmecannici è stato promesso entro la fine di gennaio. Da quel piano infatti, prescinde tutto il resto. Ovvero il futuro dell’Ilva e il reale impegno della famiglia Riva a portare a termine tutti gli investimenti previsti per il risanamento degli impianti. Che potrebbe nuovamente allontanarsi, nonostante la legge ‘salva-Ilva’, proprio all’indomani della nuova iniziativa della Procura di Taranto. Il gruppo Riva, infatti, avrebbe buon gioco nel sostenere e richiedere il rinvio dei finanziamenti e quindi la pianificazione del piano finanziario, in attesa di conoscere la decisione della Corte Costituzione sul ricorso dei magistrati tarantini.
Perché infatti pianificare investimenti miliardari per i prossimi 3-4 anni, quando tra qualche mese l’area a caldo potrebbe tornare nuovamente sotto sequestro? E’ chiaro a tutti che una posizione del genere, altro non sarebbe che l’ennesima scusa adottata dall’azienda per sottrarsi alle sue responsabilità. Ed accelerare quel disimpegno di cui abbiamo parlato ieri. Questo i sindacati e la politica tarantina lo sanno molto bene. Così come sanno altrettanto bene che la patata bollente, a fronte di un reale disimpegno o gioco al rinvio da parte del gruppo Riva, finirebbe inevitabilmente nelle loro mani. E’ l’ennesimo, altissimo prezzo da pagare a fronte di 17 anni di connivenze e negligenze. Come dice l’antico proverbio, “chi è causa del suo mal, pianga se stesso”.
Gianmario Leone (TarantoOggi, 28-12-12)
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