«La polizia giudiziaria accertava, a conferma della natura verosimilmente ricattatoria di detta richiesta – si legge nel provvedimento del gip – come nel breve periodo non fosse previsto alcun convegno promosso dall’ex onorevole Giancarlo Cito o dal di lui figlio Mario Cito, all’epoca candidato per il rinnovo del consiglio regionale (elezioni svoltesi il 28/29 marzo 2010) sulla questione diossina a Taranto». Per il giudice “dalla conversazione telefonica tra l’Archinà (responsabile pubbliche relazioni Ilva, ndr) e la segretaria di Fabio Riva emerge che in precedenza sono già intercorsi rapporti tra il Cito e lo stesso Archinà. In altre parole pare che il Cito possa aver già manifestato direttamente i suoi reali intendimenti e che in assenza di risposte concrete si sia rivolto direttamente alla direzione di Milano (dove si trova la sede legale dell’Ilva) sollecitando un intervento”.
Nello stesso periodo (febbraio 2010) sono state intercettate conversazioni che a parere del gip “risultano indicative del contesto più generale della rete dei rapporti tra esponenti politici e Ilva nella quale si inserisce l’iniziativa assunta dal Cito per intavolare una trattativa, per così dire, con i vertici dello stabilimento siderurgico, mettendo sul tavolo la questione dell’inquinamento da diossina a Taranto sulla quale, ovviamente, la proprietà Ilva aveva tutto l’interesse a mettere la sordina”.
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