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Ilva, partono lettere cassa integrazione

TARANTO – Nonostante il decreto legge ‘salva-Ilva’ firmato ieri dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il clima per i lavoratori dell’Ilva continua ad essere poco tranquilla. Da ieri infatti, l’azienda ha iniziato ad inviare le lettere di cassa integrazione al personale dell’area a freddo. Si tratta degli addetti ai tubifici, ai rivestimenti, al treno lamiere e ai treni nastri per i quali già nei giorni scorsi l’azienda, a causa della crisi di mercato, aveva chiesto la cassa ordinaria per 13 settimane per un totale di 2mila persone. La cassa è partita ieri nonostante il mancato accordo sindacale, in quanto si sono conclusi i giorni previsti dalla procedura preliminare. L’entrata in cassa procederà a scaglioni, anche se i sindacati non sono ancora in grado di quantificare il numero esatto, perché attendono di incontrare l’Ilva. Il personale che entra in cassa è lo stesso in ferie forzate da alcuni giorni. Erano 700 sul finire della scorsa settimana quando soltanto alcuni impianti erano inattivi.

Da lunedì scorso, invece, il numero è schizzato a quota 5mila, perché tutta l’area a freddo è stata fermata dall’azienda a seguito del sequestro dei prodotti finiti (coils e lamiere) da parte della Guardia di Finanza a seguito dell’ordinanza firmata dal gip Todisco. Ora la situazione si modificherà ulteriormente perché una parte di questi 5mila andranno in cassa integrazione ordinaria per 13 settimane. E’ inoltre ancora in atto la cassa integrazione per 1.031 unità in forza a tutti gli impianti e le aree che sono state danneggiate a causa del tornado che mercoledì scorso si è abbattuto sull’Ilva. Questa ulteriore cassa sarebbe dovuta cessare ieri, ma i lavori di ripristino procedono un po’ a rilento.

I sindacati ritengono che già oggi il personale dell’acciaieria 2 potrebbe tornare al lavoro: rispetto ai 1.031, il numero dei cassintegrati scenderebbe di 500 unità. Per quanto riguarda lo sbarco delle materie prime, l’Ilva è invece alle prese con un doppio problema: da un lato i vincoli allo scarico imposti dai custodi giudiziari, responsabili dell’area a caldo sotto sequestro, dall’altro i diversi danni subiti dalle gru nell’area del porto in concessione all’azienda. Si tratta dei moli 2 e 4: secondo i sindacati il primo avrebbe danni impiantistici più contenuti, più critica sarebbe invece la situazione del secondo. Lo stoccaggio delle materie prime, definito al limite dai sindacati, potrebbe presto superare l’emergenza operando con le gru attraverso radiocomando da terra.

G. Leone (TarantoOggi del 5-12-2012)

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