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Ilva, ieri si è rischiato il disastro

TARANTO – Dopo il tornado di ieri, torna di grande attualità un argomento del quale ci siamo occupati negli ultimi anni nonché, l’ultima volta, lo scorso 16 ottobre. Giorno in cui dalla Prefettura di Taranto fecero sapere che erano in fase di aggiornamento i “Piani di Emergenza Esterna” (PEE) relativi ad entrambi gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante della provincia: ovvero l’ILVA S.p.A. e la Raffineria ENI S.p.A., ricadenti nel campo di applicazione dell’art. 8 del D.Lgs 334/1999. Può sembra un paradosso, ma non lo è: perché mentre il governo è pronto ad approvare un decreto in tutta fretta per salvare la produzione dell’Ilva, nessuno si preoccupa del fatto che ancora oggi, in pieno 2012 e all’indomani di un evento che avrebbe potuto avere effetti devastanti sulla nostra città, due grandi industrie altamente impattanti da un punto di vista ambientale e sanitario non sono ancora dotate di un regolare PEE. E pensare che in queste ore tutti si riempiono la bocca di un ipotetica voglia di “rispetto della legalità”.

Che a Taranto non c’è e non certo per volere dei cittadini o della magistratura. Si dia il caso infatti che il Decreto Legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (238 del 2005 e 139 del 2009) obbliga le aziende a dotarsi di tale piano, per evitare i così detti casi di “incidente rilevante”: ovvero un evento quale “un’emissione, un incendio o un’esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano durante l’attività di uno stabilimento, che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze pericolose”. Attualmente, è vigente un unico Piano di Emergenza Esterno, adottato con Decreto Prefettizio n.4213 del 30/06/2008 in aggiornamento della precedente pianificazione provvisoria risalente all’anno 2003 (Decreto Prefettizio n. 31/2003 del 21.11.2003).

Il medesimo Piano con decreto prefettizio n.23727 del 9.11.2011, informa la nota della Prefettura, “è stato già oggetto di revisione/aggiornamento per quanto riguarda le modalità di intervento in condizioni di emergenza anche con specifica informazione alla popolazione, comprensiva della campagna divulgativa curata dal Comune di Taranto. Relativamente alle parti d’interesse della popolazione il Piano in questione è pubblicato sul sito istituzionale di questa Prefettura”. Il Prefetto di Taranto, Claudio Sammartino, a tal fine ha costituito un gruppo di lavoro del quale fanno parte anche tre funzionari inviati, dallo scorso 5 settembre, in missione presso questa Prefettura direttamente dal Ministero dell’Interno. La mancanza di un Piano di Emergenza Esterno, è di una gravità assoluta. E’ bene ricordare infatti, che la Pianificazione di Emergenza Esterna ha come obiettivo primario quello di rispondere in modo tempestivo ad una emergenza industriale, senza far subire alla popolazione esposta gli effetti dannosi dell’evento incidentale occorso, ovvero mitigando le conseguenze di quest’ultimo attraverso la riduzione dei danni: cosa che a tutt’oggi non sarebbe evitata alla popolazione tarantina.

Eppure, nella nota diramata ieri dalla Prefettura di Taranto, leggiamo testualmente che l’evento atmosferico che ha interessato l’Ilva, “non ha, tuttavia, reso necessaria l’attivazione del Piano di emergenza esterno”: ma allora questo piano esiste? E se esiste, perché non è portato a conoscenza della popolazione? Chi avrebbe risposto oggi nel caso in cui il tornado di ieri avesse causato danni ingenti all’ambiente e alla cittadinanza? Di chi sarebbe la responsabilità? Per non parlare del mistero che circonda il piano di evacuazione della città. Esiste, ma non è stato divulgato in alcun modo alla popolazione. Nessun cittadino di Taranto, a tutt’oggi, saprebbe come comportarsi in caso di incidente rilevante in uno degli stabilimenti in questione. E qualcosa ci dice che non saprebbero come agire e cosa fare nemmeno le nostre istituzioni. Nonostante l’art. 14 D.lgs. 334/99, integrato con l’aggiunta del comma 5 bis, individui un ruolo essenziale degli enti locali “nella pianificazione urbanistica, quale strumento di controllo dell’urbanizzazione nelle zone interessate da stabilimenti a rischio d’incidente rilevante”.

Gianmario Leone (TarantoOggi del 29-11-2012)

 

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