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L’Ilva si muove: 2.000 in cassa integrazione

TARANTO – Era soltanto questione di tempo. Ma nessuno può dirsi sorpreso dell’ultima novità in casa Ilva. “A causa del perdurare della crisi di mercato già registrata a partire dal primo trimestre dell’anno corrente, fronteggiata sino ad oggi attraverso il ricorso alle ferie e la ricollocazione degli esuberi in altre aree dello stabilimento”, l’Ilva Spa rende noto che nei prossimi giorni sarà avviata la procedura di Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria per lo stabilimento di Taranto. La CIGO interesserà un massimo di circa 2.000 dipendenti a partire dal 19 novembre 2012 e per 13 settimane.

Nello specifico gli impianti coinvolti saranno: Tubificio Longitudinale (TUL 1 e 2), Rivestimenti (RIV), Treno Nastri 1 (TNA), Treno Lamiere (TLA), Officine centrali di manutenzione, Servizi ed una parte della Laminazione a freddo (LAF). In realtà, a seguito dell’incidente sul lavoro del 30 ottobre scorso nel reparto Movimento ferroviario, che è costata la vita al 29enne Claudio Masella, ed al conseguente sciopero a oltranza indetto dai lavoratori del reparto, erano già stati messi in ferie forzate 450 lavoratori del Treno nastri 1 e del Treno nastri 2. Quest’ultimo è ripartito ieri pomeriggio, anche se con attività ridotta. Il blocco del reparto MOF può infatti essere sopportato al massimo per una settimana, poi le ripercussioni per il ciclo produttivo diventano inevitabili.

La Fiom si è detta “indisponibile a trattare l’argomento della cassa integrazione ordinaria per i dipendenti dell’area a freddo”: questa la posizione assunta dal segretario provinciale della Fiom di Taranto, Donato Stefanelli. Indisponibilità dovuta alla “assenza di un vero tavolo negoziale sulle prospettive, sul piano di risanamento del sito, sulla piattaforma della Fiom. Il tempo è scaduto – conclude Stefanelli – Riva e Ferrante dichiarino i propri impegni”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Cosimo Panarelli, segretario Fim Cisl Taranto: “All’Ilva abbiamo detto che non siamo disponibili a discutere della procedura di cassa integrazione se prima non si chiarisce il futuro dello stabilimento di Taranto e l’azienda non dice una parola chiara sull’Autorizzazione integrata ambientale”. Però, che “grinta” e che “muscoli” d’acciaio che hanno i nostri sindacati confederali.

Peccato davvero che abbiano rinunciato a porsi con questi toni nei confronti del Gruppo Riva negli ultimi 17 anni, ed abbiano deciso di farlo adesso quando oramai è davvero troppo tardi: anche per salvare la faccia oltre che la dignità. Intanto, è scaduto ieri l’ultimo dei dieci giorni utili all’azienda per esprimere le proprie valutazioni sull’AIA: e proprio in serata il ministero dell’Ambiente ha ricevuto una lettera firmata dal presidente del Cda Bruno Ferrante e dal direttore dello stabilimento, Adolfo Buffo, con cui l’Ilva dà riscontro all’Autorizzazione integrata ambientale (AIA). Il documento è in queste ore al vaglio degli uffici del ministero. Che ricorda come il rispetto delle prescrizioni dell’AIA, peraltro già operative, è un obbligo di legge il cui mancato rispetto è sanzionabile. Tornando all’annuncio della cassa integrazione, appare alquanto singolare la scelta della tempistica da parte dell’Ilva.

Visto che, dallo scorso 26 luglio, il ritmo della produzione non è mai realmente diminuito: anzi, procede a tutt’oggi a ritmi sostenuti, con anche 70-80 colate nell’arco delle 24-36 ore. Il che smentisce clamorosamente la bufala dello scorso settembre, quando azienda e sindacati dichiaravano come il siderurgico stesse producendo con gli impianti al minimo del loro regime. Non è un caso del resto, se la cassa riguarda soltanto gli impianti a freddo e non l’area a caldo, che continua la sua attività come se nulla fosse, in attesa del fatidico giorno in cui si avvieranno le procedure di spegnimento dell’AFO 5. Se vogliamo, quella che è la prima vera risposta del Gruppo Riva al sequestro in atto dallo scorso luglio, una sua logica economica la ha: a Genova, l’intera area a freddo è pressoché ferma. Per il terzo anno consecutivo l’Ilva farà infatti uso dei contratti di solidarietà, aumentando il numero dei lavoratori coinvolti da 954 a 1.145, 190 in più. Oltre ad aver sospeso dall’oggi al domani i lavori di costruzione (in fase molto avanzata) della nuova “zincatura 4” dello stabilimento di Cornigliano, che ha lasciato senza lavoro 105 lavoratori degli appalti di sei aziende genovesi. Motivazione ufficiale, la crisi e l’incertezza del mercato. Ma in realtà siamo di fronte alle prima mossa di un’offensiva che difficilmente lascerà feriti sul campo.

Gianmario Leone (TarantoOggi del 7 novembre 2012)

 

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