Intanto, uno studio del ministero della Salute su allevamenti in un raggio di 10 km dall’Ilva, ha accertato nel 20% dei casi il superamento dei limiti di diossina e altri cancerogeni: ma secondo il modello statistico utilizzato dai ricercatori, gli sforamenti arriverebbero oltre il 30%. Inoltre, dal confronto effettuato tra gli esiti che vanno dal 2008 al 2012, emerge che “non vi sono variazioni significative da un punto di vista statistico in merito alla concentrazione di Diossine e PCB diossina simili”. Smentite, quindi, le rassicurazioni di azienda, istituzioni e sindacati sul fatto che i livelli di inquinamento siano calati a seguito degli investimenti per l’ambientalizzazione degli impianti: le quantità di diossina sono rimaste le stesse, dichiara il ministero. E’ bene ricordare come il 23 febbraio 2010, preso atto degli alti livelli di diossina e PCB presenti nelle produzioni zootecniche dell’area, la Regione Puglia decise, al fine di tutelare la salute pubblica, di vietare il pascolo entro un raggio di non meno di 20 km attorno all’area industriale di Taranto (ordinanza regionale n.176/2010). E che dal dicembre del 2008, sono migliaia i capi di bestiame abbattuti a causa dell’altissima presenza di diossina negli organi interni. I risultati della perizia chimica depositata dai tecnici esperti nominati dal gip di Taranto, Patrizia Todisco, davanti alla quale si svolse la prima parte dell’incidente probatorio nell’inchiesta per disastro ambientale ai vertici Ilva lo scorso 27 febbraio, dimostrò che i livelli di diossina e PCB rinvenuti negli animali abbattuti e nei terreni circostanti l’area industriale di Taranto, sono riconducibili alla specifica attività di sinterizzazione (area agglomerazione) svolta all’interno dell’Ilva.
Gianmario Leone (Il Manifesto)
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