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Ilva, pericolo di ulteriori illeciti

TARANTO – Resteranno ai domiciliari il patron dell’Ilva, Emilio Riva, suo figlio Nicola, ex presidente del Cda e l’ex direttore dello stabilimento tarantino, Luigi Capogrosso: lo ha stabilito ieri il tribunale del Riesame di Taranto (giudici De Tomasi, Ruberto e Incalza). Per i giudici sono invariati i pericoli di inquinamento probatorio e reiterazione del reato da parte dei tre indagati, con particolare riferimento alla “commissione sistematica ed ininterrotta dei fatti criminosi per i quali si procede e della capacità di Ilva spa di far avvicinare da propri dipendenti funzionari pubblici”. Per il Riesame l’ex direttore Capogrosso, nonostante abbia lasciato il suo incarico, potrebbe ancora inquinare le prove del futuro processo, avvicinando potenziali testimoni. I due Riva, si legge nelle cinque pagine che compongono il provvedimento, hanno esercitato pressioni “anche tramite gravi illeciti” per incidere sui procedimenti amministrativi e giudiziari in corso, “essendo manifesta la volontà dei predetti di adoperare ogni mezzo per smarcarsi dalle gravi accuse mosse nei loro confronti”. I Riva, scrivono i giudici, potrebbero “organizzare ulteriori attività illecite” anche presso altri contesti industriali. A sostegno di questa tesi, nel provvedimento sono elencati i diversi precedenti penali a carico di Emilio e Nicola Riva, “quale ulteriore concreto elemento sintomatico della comprovata capacità a delinquere, avendo costoro dimostrato totale indifferenza verso l’incolumità pubblica e individuale”.

Intanto, uno studio del ministero della Salute su allevamenti in un raggio di 10 km dall’Ilva, ha accertato nel 20% dei casi il superamento dei limiti di diossina e altri cancerogeni: ma secondo il modello statistico utilizzato dai ricercatori, gli sforamenti arriverebbero oltre il 30%. Inoltre, dal confronto effettuato tra gli esiti che vanno dal 2008 al 2012, emerge che “non vi sono variazioni significative da un punto di vista statistico in merito alla concentrazione di Diossine e PCB diossina simili”. Smentite, quindi, le rassicurazioni di azienda, istituzioni e sindacati sul fatto che i livelli di inquinamento siano calati a seguito degli investimenti per l’ambientalizzazione degli impianti: le quantità di diossina sono rimaste le stesse, dichiara il ministero. E’ bene ricordare come il 23 febbraio 2010, preso atto degli alti livelli di diossina e PCB presenti nelle produzioni zootecniche dell’area, la Regione Puglia decise, al fine di tutelare la salute pubblica, di vietare il pascolo entro un raggio di non meno di 20 km attorno all’area industriale di Taranto (ordinanza regionale n.176/2010). E che dal dicembre del 2008, sono migliaia i capi di bestiame abbattuti a causa dell’altissima presenza di diossina negli organi interni. I risultati della perizia chimica depositata dai tecnici esperti nominati dal gip di Taranto, Patrizia Todisco, davanti alla quale si svolse la prima parte dell’incidente probatorio nell’inchiesta per disastro ambientale ai vertici Ilva lo scorso 27 febbraio, dimostrò che i livelli di diossina e PCB rinvenuti negli animali abbattuti e nei terreni circostanti l’area industriale di Taranto, sono riconducibili alla specifica attività di sinterizzazione (area agglomerazione) svolta all’interno dell’Ilva.

Gianmario Leone (Il Manifesto)

 

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